Dalla creazione alla negazione o dell’uccisione della vittima votiva
Articolo e foto di Adriana Sabato
Avete presente l’uccisione del maiale?
L’uccisione, quel rito che qui, ancora oggi e come in altri paesi d’Italia, si compiva il 17 gennaio, prevedeva di ammazzare il maiale per onorare Sant’Antonio Abate. Ma, mi sorge un dubbio… Sant’Antonio Abate non è il protettore degli animali? Un vero e proprio ossimoro, giustificato in tempi antichi dalla fame; sì, la fame. Oggi siamo abituati a tutti i comfort possibili, e manco la parola fame sappiamo cosa sia: ma un tempo non era affatto così.
La vita era difficile, c’era poco e quel poco lo si apprezzava a lungo. Appena 60 o 70 anni fa l’uccisione del maiale per la famiglia contadina era un lieto evento atteso tutto l’anno. Ed erano momenti di festa, perché significava cibo più abbondante e saporito del solito. Un tempo il maiale veniva sgozzato e veniva posto – i piedi legati – a testa in giù per la colatura del sangue. Era una tradizione rurale: un uso cruento per alcuni mentre per altri “la più nobile fra le tradizioni della vita contadina”. Una festa alla quale partecipava tutta la famiglia, parenti, compari, vicini di casa. Si era insomma in tanti.
L’uccisione del maiale: un vero e proprio sacrificio del quale il maiale aveva ed ha sentore, quella percezione vaga di pericolo imminente, quel qualcosa di istintivo per cui si dice che i maiali piangono come se facessero rumore di fronte alla morte. L’ultimo segno di vita che si oppone ad un tragico destino. Un alitare sopra il collo. Non è più vita, ma il nulla, il sussurro mortale è lì, è lì vicino, addosso al povero animale. Diventa sempre più stringente, quasi un assillo, diventa sempre più un abbraccio, un sospingersi sull’orlo dell’abisso. Un altro passo e via, una spinta e si parte, il viaggio inizia e gli occhi pesano, il buio sovrasta la povera vittima, la trascina in un vortice sempre più buio e sempre più lontano finché…non sentirà più nulla? Nessuno può saperlo, ma il suo destino è ormai compiuto! Forse vedrà il suo corpo trasformarsi in salumi e squisitezze varie? Vedrà fornire cibo necessario ai meno abbienti?
Il suo ventre darà vita come madre il proprio frutto? Il proprio ventre ora è squartato e fatto a pezzi e darà vita, nonostante tutto! Eros e Tanatos si avvinghiano ancora in questa triste cerimonia fatta di disordine e fine dell’armonia vitale, della bellezza classica di un tempo, è inizio di incubi e di sogni, distruzione e abbattimento di ogni forma possibile e in cui tutto si confonde. Dalla creazione alla negazione, tutto si intreccia e si avviluppa, Venere si sposa con Satana, la Fata turchina con Cerbero e il sonno della ragione genera mostri, e, mentre Goya e Freud si stringono le mani in amichevole saluto, Dada incomincia a protestare.
Tutto è compiuto, la vittima ha assolto il suo incarico. E da lontano echeggia una sordida risata…