Violenza inoltrata molte volte

Articolo di Martino Ciano. Foto dal web

La chiamano violenza da asporto, come il cibo. Corre veloce su Whatsapp, sui social, ovunque ci sia un pubblico famelico pronto a guardare, a indignarsi e a inoltrare fotografie e video cruenti. Una testimonianza visiva che viene gustata nei minimi dettagli, come una pietanza. Finita la masticazione, prendiamo le distanze da quanto ingurgitato visivamente ed esclamiamo ma in che razza di mondo viviamo. Un atto violento, diseducativo ed educativo allo stesso momento; un fatto reale in cui l’umana bestialità finalmente si mostra senza pudore… e la curiosità non c’entra nulla. In alcune occasioni la violenza-mostrata ha fini propagandistici, qualche politico la usa per incutere timore verso un nuovo pericolo, per creare il nemico quotidiano. Una cosa è certa: la violenza piace, spesso ci riconcilia con istinti arcaici. Non c’è niente di meglio di una disgrazia ben raccontata, di un fatto di cronaca nera, di una fanta-inchiesta a base di sangue, sesso e soldi, per richiamare l’attenzione. E se c’è il lieto fine? Qualcuno ci rimane male, perché sparisce il clamore dell’indignazione.

Diritto di cronaca?

Diciamo che ogni scusa è buona. La spettacolarizzazione del sangue e dell’animalità è l’aspetto gaio di ogni vicenda. Il medium della violenza è qualcosa di inspiegabile a parole, ma che attrae. Leggevo in un libro che caduti i tabù sessuali, la violenza verrà da sé, sarà una nuova forma di pornografia, giacché già l’atto sessuale oggetto della pornografia ingloba in sé violenza e prevaricazione. Nulla a che vedere con l’erotismo, sia ben chiaro; l’erotismo è infatti un’arte. La violenza è anche linguaggio e quando questo viene utilizzato per imporre qualcosa, ecco che la presunta verità pronunciata è un’imposizione, tant’è che ormai abbiamo opinion leader che possono essere definiti dei prevaricatori con un ampio seguito di prevaricati. Il problema però è proprio questo, quante persone subiscono e amano replicare la violenza verbale, quasi questa fosse un’arte?

Tecnica di sopravvivenza?

Purtroppo non è arte, ma una tecnica di sopravvivenza per sfuggire al quotidiano e alla paura di essere scartati dalla giostra del pensiero debole e divagante. I leoni da tastiera, i picchiatori del sabato sera, i giovani che regolano i conti su appuntamento, pubblicizzandoli come eventi sui social, sono attori di atti di prevaricazione alimentati da una solitudine generalizzata, imposta, nevroticamente accentuata dal costante isolamento dalla realtà. Ciò che non piace istiga reazioni estreme, pertanto il responso è solo uno: il mondo in cui viviamo non piace. Tutto ciò viene inoltrato in gruppi social che danno vita a una iconofilia, amore per le immagini, che ha devastanti conseguenze sul linguaggio e sull’elaborazione delle emozioni. La violenza è idolatrata e chi parla e agisce in modo violento attira. L’uomo forte è colui che sa costruire intorno a sé un’aurea prevaricatrice. Un altro problema è che oggi la diffusione dei social permette a tutti di mostrarsi prevaricatori e forti.

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