Vento Caldo. Ugo Moretti e il Novecento necessario

Vento Caldo. Ugo Moretti e il Novecento necessario

Recensione di Martino Ciano. Questo articolo è già stato pubblicato per Gli amanti dei libri

Non so se nel 1949, anno in cui pubblicò Vento Caldo, Ugo Moretti conoscesse Jean Genet e Henry Miller, fatto sta che lo stile di questi autori è presente tra le pagine. Non so neanche se lui avesse avuto il sentore delle nuove correnti letterarie che, prima Moravia, poi Pasolini, stavano cavalcando. Di sicuro lui era nel bel mezzo di quel palcoscenico, respirava quell’aria, si nutriva di quelle idee, ma non ha avuto la stessa fortuna. Perché?

A questa domanda è difficile rispondere, ma viene di sicuro in secondo piano, se non in terzo; certamente, Vento Caldo avrebbe meritato di essere inserito nei classici della letteratura del secondo Novecento. Appena uscito ha avuto fortuna, ma poi è sparito e, con sé, pian piano anche il suo autore non è stato ricordato con adeguatezza.

Ma tornando alle influenze, Moretti ha avuto di sicuro in mente un altro autore, di cui avrà apprezzato lo stile: Knut Hamsun, lo scrittore norvegese, Premio Nobel, che nel 1890 scrisse quel capolavoro rivoluzionario che porta il titolo di Fame. Il suo Vento, protagonista di queste pagine, ama vagabondare, sente il peso della fame, degli stenti; è un poveraccio che si innamora di una donna di un’altra classe sociale, frequenta i componenti di un circolo di artisti sfaccendati che, nel bel mezzo della Roma Fascista, si abbandonano a sogni di gloria e di facile sopravvivenza.

Si susseguono la guerra, la caduta del regime e la timida ripresa dell’Italia; ma come detto, il romanzo è stato pubblicato nel 1949, quando il conflitto era da poco finito e la ricostruzione dava l’illusione di un nuovo benessere. Vento attraversa tutto questo e Moretti ce lo racconta con un linguaggio ora aulico, ora tagliente, con parole che mordono, con quella passione che viene dall’esperienza.

Vento infatti ha visto, ha creduto, ma si è anche disilluso velocemente; gli sconfitti sono tutti uguali, un po’ romantici un po’ bastardi, e lui è una persona che ha smesso di sognare, in favore della sopravvivenza, per saziare la fame di vita e di cibo che non l’abbandona neanche tra le macerie lasciate dalla guerra. Compare così anche quel senso céliniano dell’assurdo, vissuto come spaesamento, che soprattutto nella seconda e nella terza parte del romanzo, dedicate all’esperienza bellica del protagonista, si impone prepotentemente.

Insomma, Vento Caldo è un romanzo da leggere, che appartiene a quel Novecento dimenticato e soppresso per motivi sconosciuti. Non è mia abitudine raccontare aneddoti personali intorno a un libro, ma questa volta mi sembra giusto. Il mio incontro con Ugo Moretti avvenne per caso, nel 2017, quando su una bancarella del Lungomare del mio paese trovai il suo Fortuna di Notte, pubblicato da Vallecchi nel 1958. Sulla prima pagina c’è anche una dedica e una firma che richiama le iniziali del nome di Ugo Moretti; logicamente non so se sia la sua, ci vorrebbe una perizia, ma la cosa mi affascina.

Non sapevo nulla di questo scrittore, ma leggendo quel romanzo rimasi colpito dallo stile, dalla storia, dalla scrittura. Mi misi alla ricerca di informazioni, trovai poco e niente. Quando ho letto la notizia che la casa editrice Reader for Blind avrebbe pubblicato il suo esordio letterario, ho avuto un moto di stupore… dopo la lettura di Vento Caldo capisco tante cose.

Buona lettura a tutti voi.

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