È in scena il Novecento che ci manca
Recensione di Alessandro Assiri
La speranza che ci regala Nicola Vacca è quella che anche grazie al suo lavoro possa esistere ancora una prossimità col ‘900, senza il quale nessuna parola avrebbe ragione di essere detta. Troppo importante è l’eredità dei lunghi decenni del secolo breve.
Mi manca il Novecento, ultimo lavoro di Nicola Vacca edito per Galaad, non segue un percorso antologico o temporale, ma affettivo dove l’autore traccia nella memoria il suo percorso, unica strada possibile per trasmettere la vicinanza e l’interpretazione delle proprie letture.
Perché al contrario di molti parolai, Vacca ha affrontato gli autori di cui parla, nell’unico modo in cui si può affrontare un’epoca meravigliosa e devastante: combattendo corpo a corpo e quando necessario fare a pugni con il testo.
Mi manca il Novecento è un testo più che accessibile, ma non bisogna intenderlo come semplici note di lettura, perché Vacca non ci mette davanti a un panorama, ma ci illustra un paesaggio.
Lo scenario sensoriale che ha accompagnato chi all’interno del secolo si è formato sapendo sempre che contano di più i libri letti che quelli scritti.
Una carrellata di autori che nelle pagine ritornano, si inseguono, così come fanno le parole che rincorrendosi formano il discorso denso di vita che alcuni autori come maestri e altri come complici hanno saputo donarci. E per concludere, Mi manca il Novecento possiede il dono raro dei libri riusciti: quello di potersi aprire a caso.