Una questione tra maschi di strada

Una questione tra maschi di strada

Racconto di Rosanna Pontoriero. Foto di Martino Ciano

“E dai… dillo! Il nostro Paolino è diventato uomo. Ti sei divertito almeno? Certo, neanche mio nonno sarebbe andato a pagamento, questo sappilo. Ma poi non sei neanche brutto, ci potresti almeno provare. Sei un timido, sempre lì a guardare storie di Instagram. Guarda me: in sei mesi ho cambiato tre donne e sai come mi cercano; una, amico caro, l’ho dovuta persino bloccare, era in follia per me, aveva perso la testa”.

Samuele aveva pronunciato le ultime parole ridendo, tipica espressione del maschio arrivato, compiuto. Gli altri, Danilo, Enrico, Gianni, Francesco lo accompagnavano in quella che era l’ennesima beffa ai danni del malcapitato Paolino, l’amico tardone. L’auto di Samuele, una Giulietta bianca, era parcheggiata lungo un viale alberato, di quelli che in genere si frequentano di giorno. A sera inoltrata non c’era nessuno e tra quei sedili ormai vecchi, impregnati di fumo, andava in scena l’ennesima dimostrazione di come si è maschi vincenti.

“Ha provato piacere e per molto tempo, era completamente sciolta. – Paolino cercava, con voce timidamente virile, di persuadere gli amici e se stesso. – È stato liberatorio, lei si è divertita un sacco”.

“Infatti, si è divertita a lavorare. A Paolino bello, ti rendi conto di averla pagata e profumatamente? Stai facendo tutto un romanzino. Eri in un bordello! Forse non lo sapevi, te lo dico io adesso”.

Di nuovo il fracasso delle grosse risate, con in sottofondo un brano di Alfa. Per Paolino sembrava non esserci scampo, eppure era così contento di dire agli amici che finalmente era stato con una donna senza inciampi e fino in fondo. Avrebbe voluto sentirsi un maschio del branco. Quella beffa continua lo stava esasperando, in cuor suo sapeva che nella casa di appuntamenti c’era andato per avere qualcosa da raccontare e da raccontarsi, per vedere se era capace di fare l’amore con una donna.

Si sentiva ormai da un bel pezzo sotto esame. Gli amici erano sadici, tanto che Paolino sull’onda di una emotività bambina, stava iniziando ad odiare le donne e anche il mondo, risucchiato da una competizione che lo vedeva eterno perdente. Nel raccontare le eroiche imprese amorose, mentre tutti mormoravano: “E meno male che è andato con una mignotta…”, si era accorto di una cosa: non aveva pagato per soddisfare un suo istinto.

La musica per lui era sempre stata la stessa in quelle serate tra amici: Samuele, l’eroe della cerchia, arrivava con una rosa di nomi di donne da corteggiare e iniziava una opprimente filastrocca.

“Paolino questa potrebbe fare il caso tuo… guarda! Ha il profilo aperto, prova a contattarla e non fare l’imbecille, che l’altra volta mi hai fatto fare brutta figura, sembravi il Nano di Biancaneve”. Paolino non fiatava, guardava il suo volto in un selfie e non si piaceva, per molti aspetti si schifava: l’acne e l’apparecchio lo frustravano. Ecco perché aveva iniziato a praticare sport maniacalmente: era alla ricerca del sé ideale. Avrebbe voluto, forse, allontanarsi dagli amici, ma non ne aveva la forza, si sarebbe sentito un reietto.

Quella sera di fine inverno, dopo aver parlato di doti naturali, enfatizzando le sue, con Samuele che faceva da grillo parlante, aveva preso consapevolezza di molte cose, esattamente nel lasso di una serata anonima. Non era sceso dall’auto mortificato, ma più pacificato, maturo, cosciente del fatto che quelle erano questioncine tra maschi di strada, che poco avevano realmente a che fare con la vita. E che probabilmente un giorno avrebbe riso con affetto pensando a quel
giovanotto terrorizzato dall’impotenza. E guardando un cipresso bagnato, aveva preso il telefono e cercato, nonostante l’ora, il contatto di Giulia, una donna più grande di lui che lo attraeva molto, l’aveva conosciuta in palestra.

Ehi Giulia, perdona l’ora, ma ho fatto tardi stasera. Ti andrebbe di cenare insieme domani dopo l’allenamento? avrei la nuova scheda da mostrarti e tanta voglia di raccontarti un po’ di cose.

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