Una donna senza Nº 5 è una donna senza avvenire. In libreria il bestseller su Coco Chanel e il suo iconico profumo

Articolo di Letizia Falzone

Una formula segreta con di più di settanta diversi ingredienti, un mix incantatore e misterioso. Intessuto di note persistenti, che scatenano emozioni istintive. Custode di un segreto mai svelato fino in fondo, sensuale e anche un po’ impertinente come colei che gli ha dato il nome. Così è Chanel N°5.

La vera storia della stilista più rivoluzionaria del ventesimo secolo e l’intrigo legato al profumo più celebre, più venduto, più iconico di sempre sono gli ingredienti di La Regina Nº 5, il romanzo di Pamela Binnings Ewen che, dopo aver conquistato le classifiche Usa e la vetta su Amazon, esce ora in Italia per Libreria Pienogiorno.

È il 19 agosto 1883 quando Jeanne DeVolle dà alla luce, in un ospizio a Saumur, Gabrielle Bonheur Chanel.

Un’infanzia sfortunata, la sua: la prematura morte della madre, l’abbandono da parte del padre, gli anni in affidamento alle suore del Sacro Cuore, a Aubazine. Circondata da donne vestite solo di abiti austeri, rigorosamente bianchi e neri, e dall’architettura rigorosa dell’abbazia, è proprio qui che Gabrielle inizia a diventare Chanel: l’antitesi dei colori opposti e la severità delle linee saranno, un domani, la caratteristica distintiva della sua moda.

Gabrielle a diciotto anni lascia l’orfanotrofio e va in una scuola di apprendimento delle arti domestiche di Notre Dame. A Parigi, però, inizia anche a lavorare come prostituta, oltre che come cantante in un caffè concerto: da qui forse deriva il suo nome d’arte Coco. La sua carriera nel mondo della moda comincia nel 1904, quando incontra Etienne de Balsan, che finanzierà poi la sua attività. Inizia a produrre cappellini: è da qui che Coco Chanel comincia a creare la sua clientela.

Il 1921 è l’anno del suo profumo Chanel n° 5, che ancora oggi è un must! Secondo le indicazioni di Coco doveva incarnare un concetto di femminilità senza tempo, unica e affascinante. Il N°5 non fu innovativo soltanto per la struttura della fragranza, ma per la novità del nome e l’essenzialità del flacone. Chanel trovava ridicoli i nomi altisonanti dei profumi dell’epoca, tanto che decise di chiamare la sua fragranza con un numero, perché corrispondeva alla quinta proposta olfattiva che le era stata fatta. Indimenticabile poi, la famosa affermazione di Marylin che, sollecitata a confessare come e con quale abbigliamento andasse a letto, confessò: “Con due sole gocce di Chanel N.5”, proiettando in questo modo, ulteriormente, il nome della stilista e del suo profumo nella storia del costume. Il flacone poi, assolutamente all’avanguardia, è divenuto famoso per la sua struttura essenziale e il tappo tagliato come uno smeraldo. Questo “profilo” ebbe un tale successo che, dal 1959, il flacone è esposto al Museo di Arte Moderna di New York.

Poco più tardi, crea un capo destinato a fare la storia: il democratico e semplicissimo tubino nero, “le petite robe noir”, capace di rendere ogni donna uguale alle altre, seppur con immenso stile. Una moda democratica, la sua, che grazie alla proposta dei medesimi modelli in cui sono i tessuti e i dettagli a fare da variante è sempre fedele al suo credo “la moda passa, lo stile resta”.

Oltre a tutto ciò, arrivano anche i gioielli e la nascita della Chanel 2.55, ovvero la borsa più copiata al mondo dal giorno in cui è stata creata. Ma a Coco, questo, non dispiaceva affatto perché, come lei stessa diceva: “essere plagiati è il più grande complimento che si possa ricevere: succede solo ai grandi.”

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