Un serioso senso di impotenza. Un incendio

Articolo di Martino Ciano

Solo ciò di fronte al quale siamo impotenti va preso con serietà. Non esiste altro modo per esprimere la nostra insofferenza se non davanti al limite che ci pone l’incontrollabile. E la sensazione migliore è quella che ci regala l’inattività.

Ora colti da una sindrome di menefreghismo, ora commossi dalla rabbia del disincanto, ce ne stiamo con gli occhi spalancati a guardare il disastro. E il disastro è sempre un luogo in mezzo a migliaia di non-luoghi, una casa tra tanti ruderi felici, un abbraccio tra tanti cazzotti carichi di stima e di affetto. A cosa serve volgere lo sguardo verso l’orizzonte quando ci sentiamo abitanti di una terra piatta, che ha perso la sua sfericità?

Eccomi, terra arida e senza colore come una pagina sulla quale l’inchiostro è sbiadito, rovinato dall’umidità del tempo.

Odore di terra bruciata, sensazione felice dei giorni d’agosto. In una regione chiamata Calabria, al centro di un Mediterraneo inquinato, sta la mia casa. E io appartengo all’Antropocene, epoca di sconquassi e calamità indotte; di azioni volute e non volute, ma sempre accettate grazie all’impotenza dimostrata da masse di uomini che si sono affidate al Dio degli eserciti, dei cieli, delle resurrezioni e dell’isteria.

E guardate un po’, imbratto una pagina word. Digito in fretta le parole. Le mie dita si muovono sulla tastiera senza che io la guardi. Sono mani potenti, mosse da una mente che è impotente davanti al flusso dei pensieri… da dove viene il pensiero? E questo fiume che scorre e sovrasta l’emisfero destro e l’emisfero sinistro del cervello è fatto di acqua o di fuoco, di aria o di terra.

Intanto i Canadair volano verso l’ennesimo incendio. Mezza montagna bruciata. Il venti percento del bosco è andato in fumo, il restante ottanta percento del costone ormai annerito era composto di erba, fiori e fiorellini, arbusti secchi e cose sacrificabili. Mentre sale verso il cielo la colonna di fumo, io sto nel tempio mondano dell’impotenza. Che mani umane abbiano appiccato il fuoco, mi sembra una ovvietà; che mani umane abbiano spento il fuoco, mi sembra una ovvietà; che menti umane si chiedano ancora “perché questo avviene”, mi sembra una bestialità. Quanta fiducia nell’umanità ha l’uomo potente e pronto all’azione.

E il fuoco è stato spento e l’ultimo Canadair va via, attraversando il cielo come una freccia ammuffita. Ho assistito a ogni cosa, mettendo in salvo quel poco di fiducia verso la vita che mi è rimasta, anche ora quando il mondo va incontro all’estrema unzione. Torno a essere serio, scrivendo un impotente grido d’allarme, per sentirmi parte di una natura che pian piano ci aiuterà a estinguerci.

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