L’ultima notte di Amore

L’ultima notte di Amore

Articolo e foto di Adriana Sabato

Pierfrancesco Favino strepitoso e travolgente nell’interpretazione nel film che lo vede protagonista: L’ultima notte di Amore. Una pellicola a tinte cupe e fosche tiene incollati gli spettatori allo schermo sin da subito grazie alla trama ben costruita e all’ottima regia, quella di Andrea Di Stefano, che solo nel finale lascia lo spettatore un po’ in sospeso.

Milano, qui è ambientata la storia, è disegnata come una metropoli anonima, estesa, poco a misura umana; una Milano ripresa dall’alto, avvolta da una colonna sonora tesa ed emozionante, preludio di una notte senza fine, l’ultima notte di un uomo onesto e tranquillo che solo in quella maledetta notte decide di cambiare. Così il regista lascia intuire un concatenarsi di eventi drammatici che caratterizzeranno la storia seguente. Questa impressione viene accentuata dall’uso di musiche intense che fanno da sfondo a riprese aeree che attraversano dall’alto una Milano notturna, ma sempre ben illuminata, tali da rendere visibili i più importanti monumenti come il Duomo, la viabilità stradale e ferroviaria, per poi fermarsi in prossimità della stazione centrale.

L’ obiettivo della telecamera entra poi in un appartamento del centro, in cui sta per svolgersi una festa a sorpresa per l’ultima notte di lavoro di un valoroso poliziotto in procinto di andare in pensione, dopo una trentennale carriera nella polizia. Il preludio di ciò che accadrà è racchiuso nei primi cinque minuti: musica ritmata da un respiro che ipnotizza e inchioda, e Milano, dall’ala del drone, così bella e notturna, come se fosse l’unica città che possa ospitare questo film.

Poi c’è tutto il resto, ben scritto, ben messo, con una buona dose di tensione. Non ci sono eroi ma solo vittime, consapevoli e non, ciniche, spietate, buone e complici. Il buio suggerisce metafore molto intense e il chiaroscuro dei personaggi imprime una peculiare tensione a tutte le scene.

Da vedere sicuramente.

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