Turismo e improvvisazione. Ripartire dalla formazione degli addetti ai lavori
Articolo di Debora Calomino tratto dal suo libro “Visioni Turistiche – marketing, cultura e tendenze- Edizioni Contanima, 2022”
Il turismo è un settore affascinante, coinvolge diversi aspetti del sapere e permette di entrare a contatto quotidianamente con persone nuove, arricchendoci di esperienze. Un fatto sociale ma anche e soprattutto economico che fa gola a molti, rendendolo strategico per lo sviluppo e la crescita dei luoghi.
Negli ultimi decenni il turismo è diventato un settore trainante dell’Italia, con cifre da capogiro. Turismo culturale, enogastronomico, radicale, balneare, esperienziale, montano e tanto altro: ogni territorio ha le sue caratteristiche che lo rendono appetibile come meta per trascorrere le vacanze. Peccato però che un settore così importante sia affetto da una grave patologia denominata improvvisazione, che spesso crea disagi ai turisti, convinti di avere a che fare con professionisti che si rivelano puntualmente improvvisatori seriali.
Il problema del turismo è proprio questo: tutti sono convinti che non siano necessarie particolari competenze per l’accoglienza, la programmazione e la gestione. Già nel settore pubblico è difficile trovare professionisti che abbiano competenze specifiche, tant’è vero che nei bandi ad hoc per reclutare impiegati negli uffici preposti, le lauree in turismo spesso e volentieri non vengono menzionate tra i requisiti richiesti. In diverse università italiane sono stati istituiti dei corsi di laurea appositi, per formare esperti e manager del turismo, sperando di arginare l’improvvisazione diffusa. Improvvisare è un problema perché non consente di sviluppare al meglio questo comparto vitale per determinati territori.
Chi ha studiato turismo conosce le dinamiche che lo regolano, comprende i meccanismi sociologici, storici ed economici alla base di questo fenomeno. Nei vertici, dove si fa la programmazione turistica di ampie aree, la presenza di professionisti sarebbe l’ideale per mettere a punto strategie ed azioni capaci di fare la differenza. In ogni ambito del sapere umano sono riconosciuti dei professionisti, stranamente nel turismo questa regola non vale quasi mai. Quando si tratta di turismo tutti sanno fare tutto, ma i risultati sono poi evidenti. Un esempio potrebbe essere il ruolo degli assessori al turismo: in genere questo assessorato si occupa di organizzare qualche evento, qualche sagra, limitata al solo periodo estivo, dimenticando però i restanti mesi dell’anno. Il compito degli assessori al turismo è molto importante, la pianificazione, la gestione e la salvaguardia del territorio, lo studio di soluzioni per attrarre turisti anche in bassa stagione, sono solo alcuni elementi alla base di un buon mandato.
È senza dubbio anche un problema culturale, che ha relegato il turismo in un angolino, come un settore Cenerentola, magari associato anche al divertimento e alla leggerezza. In realtà è stato ampiamente dimostrato che non è così, anzi, il turismo sta assumendo sempre più importanza per la crescita dei territori, anche quelli più piccoli e remoti, i quali vivono con l’avvento del turismo esperienziale una nuova vita. Autenticità, bei paesaggi, risorse artistiche e naturalistiche di pregio, enogastronomia, sono attrattori che però senza una solida pianificazione che ne consenta la piena fruizione, diventano vacui ed inutili.
La formazione degli operatori è fondamentale: conoscere le lingue, in particolare l’inglese è ormai basilare, così come avere una buona base di cultura dell’accoglienza. Ad ogni livello è necessario essere preparati e attenti, con lo scopo di rendere l’esperienza turistica positiva, in modo da innescare un passaparola degno. Per essere competitivi bisogna essere preparati, sembra banale ma non lo è.
I nostri territori soffrono per l’incompetenza diffusa e questa triste realtà si paga a caro prezzo. Il turista viene influenzato nella scelta da numerosi fattori, la bravura e la competenza del personale restano impressi e diventano spesso una motivazione per tornare in una determinata località. Il turismo non deve essere più considerato un settore marginale ma cruciale. È necessario partire dalla consapevolezza che per fare turismo di qualità bisogna soprattutto essere amministratori ed operatori capaci e competenti, attenti ed aggiornati. Conoscere le normative, non smettere mai di migliorarsi ed investire su personale qualificato sono le fondamenta sulle quali si costruisce un buon turismo.
Le potenzialità ci sono e sono infinite, quello che manca è la valorizzazione dei talenti. Le nostre scuole ed università formano persone in grado di cambiare le sorti del territorio, grazie alle conoscenze ed alle competenze acquisite in anni di studio. Mettere le persone giuste al posto giusto sarebbe l’ideale e ciò avviene con un cambio di mentalità generale e con la consapevolezza che ognuno debba fare il proprio mestiere per progredire in questa società. Formare i giovani e poi costringerli a lasciare la loro terra per cercare fortuna altrove, quando qui si ha necessità di persone competenti, che abbiano a cuore le sorti del territorio è una follia. Investire sulle competenze, sulla qualità e su un turismo fatto di persone che amano il proprio lavoro e lo svolgono al meglio è invece la strada da seguire per far crescere i territori.