Tomàs Maldonado, la critica alla ragione informatica

Articolo a cura di Gianfrancesco Caputo – Inedito

Nella nostra attuale condizione esistenziale, la realtà del mondo non è quasi più realtà, il nostro vivere iper-connessi alla rete invera una mutazione antropologica tutta da indagare. Non si può negare che l’infosfera è considerata dai suoi esegeti ed adepti, come un contributo indiscutibile al fine di instaurare una democrazia diretta funzionale a propagare tra i cittadini maggiore coscienza politica. L’informazione, infatti, prepara gli individui ad un ruolo più consapevole per ciò che riguarda il funzionamento della società di cui essi fanno parte. Inoltre, le cosiddette reti civiche sviluppatesi nella rete, ed attraverso di essa, hanno consentito di consolidare l’agire democratico tramite la critica e la proposta pubblica offerta in rete quale esercizio della cittadinanza.

Ma non è oro tutto ciò che luccica. Tomàs Maldonado filosofo argentino, lo dice chiaramente nel suo saggio: “Critica della ragione informatica” (Feltrinelli 1999), egli non ambisce a contrastare le nuove tecnologie informatiche, ma a prendere le distanze da un certo conformismo e da una eccessiva enfasi nel proclamare le magnifiche e progressive sorti di tali tecnologie. Con il termine “critica” egli vuole intendere il senso kantiano di tale termine ovvero non come giudizio, ma come analisi. Con “ragione informatica”, invece, egli fa riferimento alle argomentazioni giustificative in senso storico per ciò che riguarda le nuove tecnologie informatiche e in special modo Internet.

I giudizi di valore a riguardo sono svariati e per certi aspetti anche contraddittori, infatti i dubbi e le perplessità sono direttamente proporzionali alle potenzialità delle nuove tecnologie telematiche. Ma la loro pervasività nella vita quotidiana ha radicalmente mutato la società lasciando spazio ad una adorante enfatizzazione. In essa, Maldonado ha ravvisato il male peggiore, poiché ha favorito una amnesia riguardo problematiche su cui è doveroso riflettere: “niente può essere più pericoloso, in questo momento, che mandare in congedo l’intelligenza critica”.

Partendo dal presupposto che la rete è nata al fine di allargare la conoscenza umana rivalutando la tradizione socratica della ricerca, non sfugge che la sua enorme crescita e diffusione, ha prodotto degli effetti imprevisti quali: eccesso di informazione, disinformazione, impoverimento del patrimonio linguistico, trasformazioni di identità. L’aspetto più interessante ma, altresì preoccupante, è lo sviluppo di una scrittura estremamente stereotipata riveniente dai software per la comunicazione virtuale, quali e-mail e chat.

Tutto ciò ha sviluppato un gergo basato su espressioni tecniche prive di regole grammaticali e soprattutto di creatività. Questo nuovo linguaggio reca danni al patrimonio linguistico ed influenza negativamente il nostro modo di pensare e di essere. L’aspetto culturale della globalizzazione ha fatto emergere il predominio delle strutture di pensiero anglosassoni nella loro rappresentazione americana, il concreto pericolo è che la globalizzazione tecnologica insieme a quella economica possano essere “instrumentum regni” di potenze che si prefiggono quale obiettivo l’annichilimento di usi, costumi e consuetudini caratteristici dei popoli.

Infine, la riflessione che Tomàs Maldonado, ci induce a fare è la seguente: non bisogna confondere la capacità di internet di divulgare l’informazione con la sua abilità di generare omologazione.

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