Thomas Bernhard, L’imitatore di voci, Adelphi
Recensione a cura di Martino Ciano – già pubblicata su Gli amanti dei libri
Se avete letto Bernhard sapete bene che i suoi romanzi sono monologhi.
Subordinate che si tuffano in altre subordinate, parole che si pugnalano a vicenda, riflessioni che dànno vita a nuove riflessioni e l’inquietudine in sottofondo che vi accompagna dalla prima all’ultima pagina. Se avete letto Gelo, Il Soccombente, Estinzione e Perturbamento sapete di cosa sto parlando. L’imitatore di voci invece è tutt’altro e, udite udite, in questo caso lo scrittore tedesco diventa sintetico.
Cento storie. Le più lunghe sono di appena due pagine, moltissime non superano le quindici righe. Bernhard diventa un cronista e si limita a riportare i fatti. Non approfondisce, non scava, ci dà solo la certezza che qualcosa è accaduto. Solo per un attimo entriamo in contatto con i personaggi, dopodiché ci vengono subito sottratti. Siamo semplici spettatori e possiamo solo ipotizzare il perché dei loro gesti e dei loro comportamenti, ma non dobbiamo dimenticare che sono espressione di un attimo, pertanto, ogni nostro giudizio sarebbe affrettato.
Insomma, Bernhard cambia stile ma la sostanza della sua scrittura rimane invariata. Queste storie terminano in maniera assurda, o meglio, non come immaginiamo. Ma l’intento non è quello di lasciarci a bocca aperta semplicemente ci viene dato l’unico finale possibile, che coincide sempre con la nostra incapacità di leggere tra le righe. È come risolvere un problema di matematica, la soluzione è già nel testo, bisogna saper interpretare logicamente le parole e i dati.
Prendiamo il racconto che dà il titolo al libro, L’imitatore di voci. In poche battute ci viene raccontato di un bravo attore che sapeva incantare il pubblico con le sue imitazioni ma rimaneva interdetto e si dichiarava incapace quando gli chiedevano di imitare la propria voce. Qui c’è tutta l’ironia e l’assurdità di Bernhard. Lo scrittore si prende gioco dell’attore che sa parlare con la voce degli altri ma non con la propria, che sa scimmiottare gli altri ma non se stesso. Proprio per questo motivo l’imitatore rimane interdetto ossia, stupito e turbato, perché gli viene chiesto un sacrificio: mostrarsi con tutti i suoi difetti. Non è un caso che l’editore abbia usato queste righe per la quarta di copertina, questo racconto infatti riassume alla perfezione il tema del libro.
Ma cos’è il turbamento per Bernhard?
Se avete letto la sua opera saprete rispondere altrimenti prendete questo quesito come un invito alla lettura. L’imitatore di voci è del 1978. Adelphi lo ripropone in un nuovo formato ed è un’opera che consiglio anche a chi non ha letto nulla di Bernhard. È sempre un inizio.