Ter(r)apeutica. Luca Chendi e la rielaborazione del senso

Ter(r)apeutica. Luca Chendi e la rielaborazione del senso

Recensione di Martino Ciano. In copertina “Ter(r)apeutica” di Luca Chendi, Lieto Colle, 2023

Rielaborare persino ciò che si pensava di aver cancellato, portarlo su un terreno solido sul quale osservarlo, confrontarlo con ciò che si è diventati, con occhi nuovi e sensazioni emancipate. La poesia di Luca Chendi è un processo; pesca da “ciò che è stato” per poi riutilizzare ogni elemento.

Non è solo lo scorrere del tempo che muta le nostre impressioni su qualcosa, ma anche ciò che a primo acchito è rimasto irrisolto, sospeso. D’altronde, niente e nessuno possono toglierci ciò che abbiamo vissuto; al massimo dimentichiamo per distrazione o per proteggerci, ma è solo un momento. Le lacrime per le cose sono sempre vive.

Ora però, se penso le tracce, il percorso/dell’inverno su di me, si accende una luce/tu che resti più a lungo del luogo/come se la nascita fosse il salto/in lungo di molte stagioni.

I versi di Luca Chendi sono quieti, figli della meditazione, della riflessione. Contengono interpretazioni, richiamano il passato e ne fanno presenza ed essenza vivente del qui-ora. È la forza dell’analisi che ha riabilitato non solo “i fatti”, che nessuno potrà mai cancellare, ma anche tutte “le emozioni”. Sono proprio le emozioni che parlano per mezzo del poeta. Sono le prime impressioni che invadono lo spazio infinito nel quale lo sguardo di questo osservatore immobile, punto fisso nel caos, non può fare altro che perdersi.

Terapia non è qui inteso come “processo curativo”, ma come “coraggio di affrontare nuovamente il passato”. Si spezza così il connubio tra la vita e la morte. Entrambe non possono essere considerate eventi, ma fatti ordinari del tutto naturali. Tutto si svolge qui, sulla Terra, la quale rappresenta l’unico luogo che possiamo conoscere e abitare; il resto potrebbe essere solo un “eccesso di speranza”.

Non vedrò così le ombre assenti/gli odori, gli aromi del frutteto/nessun dolore se non dolore cieco/è notte tra gli occhi il mio sollievo.

Chendi disegna tra queste pagine un’immagine nuova della malinconia. Nonostante la giovane età, sa raccontare in versi quel passaggio in cui la ferita si cicatrizza e si accetta, si guarda con serenità, come necessario segno della vita.

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