Storia e utopia. Cioran e le tracce della caduta dell’uomo
Articolo di Martino Ciano
La storia testimonia la nostra caduta nel tempo, l’utopia è l’illusione peggiore che l’uomo possa regalarsi, un esercizio che lo rende ridicolo.
Cos’è l’uomo se non l’essere più contradditorio del creato? Banali sono i tentativi di mascherare la sua natura corrotta di fronte alla quale cede, nonostante abbia dei buoni propositi. Tutta l’opera di Cioran è un viaggio nella malattia dell’uomo, nel suo rancore, nella sua crudeltà, nell’immanente egoismo, nella sua prepotente invidia.
L’uomo è ciò che è, tenta di vestirsi d’altro, ma la sua essenza esce sempre allo scoperto. Questo è il punto fermo intorno al quale Cioran costruisce il suo sistema di pensiero, grazie al quale demolisce ogni istituzione umana che regala all’individuo una apparente salvezza dall’inferno quotidiano che egli stesso crea. Etica, morale, estetica sono “tentativi”, “finzioni”. La storia dimostra che l’uomo è nella sua costante caduta.
Ecco i tiranni e la loro crudeltà, i politici e la loro invidia, l’ideologo e il suo egocentrismo, le masse e la loro stupidità; ecco l’Occidente e la sua indolenza, la sua incapacità di riprendere le armi. Esso a scelto la malattia della libertà, della democrazia e ha perso quell’aggressività, quella presunzione con cui ha conquistato il mondo. Logicamente c’è dell’ironia in tutto questo, c’è un guardare da un altro punto di vista le cose, c’è la negazione dell’uomo e la bocciatura del suo “tentativo di esistere”. D’altronde, stesso lui nella sua lettera a un amico che vive nel lato sovietico del Mondo, dice di non invidiare questo Occidente ormai timido, insofferente. D’altronde, come gli uomini dopo aver amato qualsiasi idea estrema, anche gli imperi si abbandonano alla mitezza, si fanno sopraffare dalla pacatezza, perdono quell’istinto vitalista e crudele che è alla base di ogni conquista, di ogni imposizione del pensiero che anima le epoche.
Non bisogna dimenticare che Cioran scrive questo saggio nel 1960, quando il mondo era diviso in due blocchi. Ma è profetica la sua lettura sulla Russia, da sempre nazione ortodossa, guidata da una religiosità fanatica e plasmata da quel seme mongolo che ne costituisce l’essenza. Uno dei frutti più vivaci nato dall’unione di questi elementi fu Ivan il Terribile, tiranno folle, crudele, spietato, vigoroso. Ma la religiosità che la Russia aveva sostituito con il marxismo, sarebbe ritornata e si sarebbe ritorta proprio contro l’Occidente che non ha mai saputo riconoscerle la sua grandezza, la propria istintività, il proprio primato. Nonostante tutto, secondo Cioran proprio dalla Russia dipenderà il nostro di destino e la sua “crudeltà” potrà essere solo mitigata dal virus della libertà che tutto spegne, a patto che l’Occidente riesca a sedurla.
Per Cioran la storia è manifestazione della crudeltà. Progressi, emancipazioni, imperi, ideologie e tutto ciò che è continuato a durare nel mito e nella memoria, sono scaturiti da guizzi prevaricatori, prepotenti e violenti. Le grandi fedi muoiono e smettono di fare proseliti nel momento in cui abbandonano la strada dell’imposizione. L’uomo aspira alla pace, la vuole con tutto sé stesso, ma soffre nel momento in cui la trova, questo perché l’idea di vivere in una beata staticità lo richiama agli istinti più truci.
L’utopia è quindi il rimpianto dell’età dell’oro, quando l’uomo viveva nel suo candido Eden, nella sua apatica felicità. Lì tutto era eterno presente. Una volta che si è corrotta, l’umanità ha iniziato ad approfondire, a conoscere, e la sua coscienza ha dato inizio al disastro perpetuo; disastro intervallato con illusioni metafisiche e teorie che prefiguravano un futuro armonioso. L’utopia è il sogno di creare un mondo che sia migliore di quello lasciato in eredità da Dio. Ma essa ha anche un altro valore, ossia quella d’essere speranza irrealizzabile, desiderio inappagabile, che prefigura un futuro apocalittico e distopico, compimento di un inferno sempre più a misura d’uomo.
Il pensiero di Cioran va letto con piglio ironico, seguendo la strada dello scetticismo che nega, ma allo stesso modo afferma lucidamente la realtà dei fatti. Questo è stato possibile al “filosofo” romeno, proprio perché è rimasto sempre lontano da ogni ideologia e da ogni partito politico.