Step by step
Racconto di Antonella Perrotta
STEP UNO
La giacca tira sotto le ascelle, m’ingombra, mi limita. Avrei preferito indossare la tuta, ma in tribunale non si può. Cammino velocemente e, velocemente, salgo le scale. Le décolleté mi mordono i piedi. Ho sette udienze stamattina, intervallate da altrettante file in cancelleria, ma in nessun fascicolo compare il mio nome. Sostituisco il titolare dello studio, sono ancora una collaboratrice da poco abilitata alla professione. Ancora ho molto da imparare, nonostante siano già passati tre anni dalla laurea, la durata del praticantato. Perciò, non sono retribuita, giusto un pensierino ogni tanto, così per gentilezza. “Grazie” dico, nel riceverlo. Che fortuna avere un titolo in saccoccia e non sporcarsi le mani di terra e di merda. “Sono fortunata, sì” mi ripeto. Le soddisfazioni col tempo arriveranno. E pure i soldi per campare. Non ti abbattere, ragazza. Hai trascorso la tua vita a studiare, hai rubato tempo all’amore e all’amicizia. Ne hai ricavato vista persa e spalle ingobbite e scarpe scomode su cui sbatterti su e giù, riconoscenza poca, rispetto ancor meno. Ma fida e confida ché il futuro verrà. Degno, rassicurante, soddisfacente. Studierai ancora e ancora, apprenderai, diventerai brava. Continua a far su e giù, ragazza. Non desistere.
STEP DUE
Ho il mio studio, adesso. Cinque stanze arredate con cura. Era ordinato all’inizio, poi si è riempito di carte e fascicoli. Bene così. La mia sveglia cambia orario ogni giorno e non disdegna le cinque del mattino. Le décolleté non le uso quasi più. Ormai, soltanto sneakers sotto i pantaloni del tailleur. Troppa la strada, troppe le scale, troppe le file in piedi. Pranzo senza orario, a casa o dove capita, così il mio peso sale e scende senza che lo controlli. Macino chilometri, ma il pomeriggio sono in studio alle 16:30, cascasse il mondo. Ho imparato a dispensare sguardi rassicuranti e parole convincenti, ma le soluzioni non sono sempre pronte, affatto. Spesso, la notte non dormo nel cercare quella migliore per un caso, nel selezionare le parole da dire e quelle da non dire, quelle da scrivere e quelle da evitare. Mi muovo in un ginepraio e, a volte, ho la sensazione di perdermi. Però, adesso, posso comprarmi ciò che voglio e avere soldi significa essere autonomi, autosufficienti, liberi. Sì, sono fortunata. Sono una donna indipendente e libera. Non raccontarti stronzate, donna. Continui a non avere tempo per te. Come ti permetti soltanto a nominarla la parola libertà? Nessuno è libero, neanche tu. La sensazione che provi è la stessa di quando accedi in un carcere: entri spogliata di cellulare e borsa ed esci spogliata d’aria. Senza respiro, sopraffatta da un sistema con cui hai imparato a dialogare. Ma questo dialogo non ti piace, ammettilo. Le docce calde che ti concedi la sera non bastano a levarti di dosso la polvere di strada, le parole che ascolti durante il giorno, i silenzi di chi t’ignora, il vuoto che accompagna la stanchezza senza peso. Non è questo che ti aspettavi. Non è questo che volevi. Ricordi cosa ti disse quell’extracomunitario prima di rientrare in cella dopo il colloquio col magistrato? “Avvocata, tu non sei più furba di me”, disse. “Il mondo ci ha fottuto tutti e due. Il mondo lo governano quelli che hanno potere, i signori delle armi” e si fece una risata. Gli rispondesti che lui stava in una cella e tu, no, perché tu eri libera. Ma non eri convinta nemmeno tu. La tua cella è senza sbarre, ma sempre una cella resta. Perciò, donna, non raccontarti stronzate.
STEP TRE
Continuo a lavorare senza convinzione. Il mondo è sempre più simile alle pagine di un quotidiano che si sfogliano una dopo l’altra, minuto dietro minuto. Ogni pagina è diversa, ogni pagina riporta una notizia per smentirla quella appresso. Tutto cambia a una velocità inaudita, senza coerenza, senza logica, senza senso, spogliandomi di ogni comprensione, di ogni capacità di adattamento, di ogni convinzione. Esistono ancora le convinzioni? Il caos regna in me e fuori di me. Sono passati vent’anni dall’essere una collaboratrice da poco abilitata alla professione. È tempo di tirare le somme. Ma per quanto mi sforzi, pur cambiando l’ordine degli addendi, il risultato porta sempre il segno meno davanti. Mi lagno, in molti si lagnano, ma continuo a lavorare e a trascinarmi. Donna, la vita è coraggio di cambiare ciò che non piace. A partire da te. Lo sai, vero? Sì, in fondo, lo sai. Lascia andare la ragione, segui l’istinto, crea le opportunità. Tuffati, donna. Ché il mare è grande e la vita è una sola. Scegli di essere ciò che senti di essere. Evadi dalla cella, donna!
STEP QUATTRO
Mollo tutto. Ricomincio. Rompo ogni dialogo. Non cedo al compromesso e ai condizionamenti. Oso l’impensabile finora. Non ho dubbi. Un po’ di timore, però. Ce la farò? Ce la farai, donna. Non desistere. Tanto, saresti fottuta lo stesso…