Spencer: una favola tratta da una tragedia vera
Articolo di Letizia Falzone
C’era una volta una principessa destinata a una vita di felicità e amore con il suo principe dopo il superamento di alcuni ostacoli. Questa bellissima principessa avrebbe vissuto una vita da sogno, libera, in un castello immenso e incantato, accerchiata da una servitù disposta a esaudire ogni suo più piccolo desiderio.
Questo potrebbe essere l’inizio di una bellissima favola e storia d’amore. Eppure la realtà è ben diversa e Spencer, presentato in concorso alla 78° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, e dal 19 luglio su Prime Video, non è una favola come tutte le altre, proprio come non lo è la vita della protagonista. C’è freddo nel maniero di Sandringham, a Norfolk, teatro dei tre giorni raccontati nel lungometraggio. Tre giorni, quelli che coincidono con il momento in cui Lady Diana ha deciso di lasciare Carlo, dopo un decennio vissuto in una gabbia dorata.
È il 24 Dicembre 1991 e la Principessa di Galles, da sola alla guida, si è persa tra le campagne di quella che un tempo era la sua casa. Arrivata a destinazione, dopo la Regina, infrangendo così la prima di tante tradizioni Windsor, riceve la totale indifferenza dei presenti. Nonostante questo, ogni suo spostamento all’interno del palazzo viene sorvegliato, così come ogni sua parola viene ascoltata e riferita. Oppressa e controllata all’interno del suo stesso matrimonio, nonché perseguitata dalla figura di Camilla Parker-Bowles, amante del marito Carlo, Diana riesce a non sentirsi giudicata solo quando è con i suoi figli e con la sua costumista Maggie. Questo stretto legame tra le due però non passa inosservato e, nel giro di poche ore, verranno separate, isolando ancora di più la Principessa triste.
Il regista Pablo Larraín non perde tempo: non spiega allo spettatore né chi è Lady Diana, né colloca i fatti in una linea temporale. Dà per scontato di raccontare una storia nota, fin troppo nota e decide di fotografare un momento chiave della tormentata vita di palazzo della Principessa di Galles, seguendola incessantemente e portando lo spettatore a vivere con lei la claustrofobia delle festività natalizie all’interno della famiglia reale britannica. Kristen Stewart è il volto di una donna fragile, che privata della sua essenza, inizia a reclamare la propria individualità attraverso piccoli atti di ribellione che lei, prima di chiunque altro, sarà chiamata ad ascoltare. Scomposta e irrequieta, Diana è piegata nel corpo e nello spirito. È un agnello in una corte di lupi. È fragile ma non è disposta a farsi spezzare dalle ingiustizie di un’istituzione figlia di un tempo che non c’è più. Alle piccole ribellioni del corpo, dove spiccano i disturbi alimentari, subentra la disobbedienza delle tradizioni e della scelta del vestiario.
La macchina da presa insegue Diana lungo i freddi corridoi e la pedina nelle sue stanze dove si strugge, si ribella e si dispera. I suoi pensieri ci arrivano anche con le musiche. I suoi abiti sono la sua prigione, così come lo è la collana di perle, regalo di Natale di Carlo, lo stesso per lei e Camilla, che è quasi un cappio.
“Loro possono sentirti” afferma con decisione lo chef al suo plotone di camerieri e cuochi. Questo senso dell’udito sarà predominante in tutto il film. “Ascoltano anche i miei pensieri” afferma Diana, consumata dall’attenzione della sua famiglia, sempre pronta a giudicarla e a ricordarle quanto fosse inopportuna nel suo voler essere “normale”.
Diana afferma che all’interno della famiglia reale “passato, presente e futuro sono la stessa cosa”. Una lunga storia di tradizioni e dinastie ma un intervallo di sole 72 ore in cui la protagonista, prossima a un esaurimento nervoso, si ribella al suo oppressore. Non è importante il prima che possiamo soltanto immaginare e che come il dopo ci sono stati raccontati più e più volte. Quello che conta è che, in soli 3 giorni è possibile attuare una rivoluzione capace di portare alla liberazione, per poter finalmente essere se stessi. “Ci devono essere due te “ le dirà Carlo in una scena chiave della narrazione. Ma è proprio questo suo naturale rifiuto di separare la sua identità personale da quella pubblica, che ha contribuito a renderla la Principessa del Popolo.
Guardando Spencer si ha quasi la sensazione che non succeda molto, ma al termine della visione ci si sente sopraffatti dalle emozioni: il film è una crepa sulla vita di una Principessa triste, che, proprio per questo motivo, non dimenticheremo mai. C’è qualcosa che solo Diana ha avuto: la voglia di normalità, l’umanità. È stata la Principessa del Popolo. Questo vantaggio non glielo toglierà nessuno, nemmeno a distanza di 24 anni dalla sua morte.