Soraya. Della tristezza e dell’amore

Articolo di Letizia Falzone

A Teheran, il 12 febbraio 1951, nevicava, mentre una Rolls-Royce con intarsi dorati faceva il suo ingresso nei giardini del Palazzo Reale del Golestan. A bordo dell’auto c’era una donna il cui nome era divenuto famoso nel giro di pochi mesi in tutta la Persia e nel mondo intero: la principessa Soraya, la “rosa di Isfahan”. Capelli corvini, malinconici occhi verdazzurri e una bellezza fine e delicata.

La storia di Soraya è ancora oggi una delle love story più commoventi di sempre.

A Londra, durante un evento, fa amicizia con la principessa Alireza Pahlavi, sorella gemella dello Scià. In quella ragazzina allegra e spensierata, la principessa vedeva un buon partito per il fratello, che stava divorziando dalla bellissima moglie Fawzia d’Egitto per incompatibilità reciproca e motivi politici. Lo scià doveva assolutamente risposarsi perché da questo primo matrimonio era nata solo una bambina, inadatta per la successione al trono. Questa ragazzina di buona famiglia, questa Soraya, era stata definita da sua sorella “una perla rara”: poteva essere la candidata giusta? Allo Scià, che ha 31 anni, quella diciottenne era piaciuta moltissimo. Ma anche lei era rimasta colpita dal suo fascino e dai suoi modi. I due si fidanzano ufficialmente e dopo qualche mese si sposano.

Un abito da sogno disegnato da Christian Dior, immenso, lunghissimo in lamé d’argento, decorato con perle e piume di marabù: un vestito che sarebbe stato il sogno di molte spose, ma troppo pesante per una ragazza di diciannove anni ancora convalescente. Non si era potuta godere pienamente quella bella giornata Soraya. Aveva faticato anche solo a sorridere e persino a camminare, con quell’abito da sogno perché nelle settimane precedenti si era ammalata di tifo e la sua condizione era a stento quella di una convalescente.

Una malattia debilitante durante la quale il suo fidanzato le faceva recapitare un gioiello al giorno, per consolarla. La principessa svenne tre volte sotto il peso della stoffa e dei gioielli, tanto che lo Scià diede ordine di tagliare buona parte dello strascico per non affaticare ulteriormente la sposa. La loro luna di miele fu perfetta. Fra loro c’è un’attrazione fisica piena di passione e il primo mese vivono al settimo cielo. Ma subito dopo Soraya si rende conto che la vita di palazzo è in realtà una trappola. Si sente osservata e giudicata a ogni ora del giorno. Le viene impedito di giocare a tennis, cavalcare o avere una macchina fotografica. Scopre persino che la cognata e la Regina Madre, che tanto avevano caldeggiato la sua unione con lo Scià, ora sembrano essersi pentite di averla favorita. Ad aggravare la situazione vi è la mancanza di una gravidanza. Soraya fu visitata da alcuni luminari a San Francisco, dove fu solo accennato un problema di fertilità; dopo una seconda visita a Boston si arrivò a un verdetto infausto: Soraya era sterile.

La donna si sottopose a moltissime cure presso cliniche in Svizzera e in Francia, che però non diedero alcun frutto. La consapevolezza di non poter avere figli fu una grande sofferenza per Soraya, la quale pensava di poter contare sull’amore del marito, che le sarebbe rimasto accanto pur sapendo di non poter mai avere un erede da lei. Questo, almeno, era ciò che la principessa s’illudeva sarebbe accaduto. Ma lo Scià nel marzo 1958 comunicò a Soraya la sua decisione: le sarebbe stato permesso di conservare il suo ruolo di regina e di consorte “principale”, a patto che accettasse la presenza di una seconda moglie con cui Mohammad Reza fosse stato in grado di generare un erede. Soraya fu umiliata dall’ultimatum del marito, respinse con decisione questa proposta e preferì essere ripudiata. Il 21 marzo 1958, durante il Capodanno iraniano, lo Scià scoppiò a piangere nella diretta televisiva e radiofonica in cui annunciava il suo divorzio da Soraya. La principessa lasciò l’Iran per non farvi mai più ritorno.

Dopo essere stata ripudiata, Soraya va in esilio dorato in Svizzera, conservando il titolo di Sua Altezza Imperiale la Principessa dell’Iran e cerca di rifarsi una vita. Diventa attrice, un vecchio sogno da ragazzina, diventa un’icona di eleganza e si lega sentimentalmente prima al fotografo Gunter Sachs, poi al regista Franco Indovina. Ma lui muore nel 1974 in un incidente aereo. Soraya decide di non sfidare più la fortuna con gli uomini e non vuole recitare più. Si ritira in Francia dove diventa un personaggio del jet set, ma dalle rare uscite. È in questo periodo che le viene attribuito il soprannome “la principessa triste”, anche a causa dell’inevitabile depressione che le tiene compagnia. La mattina del 25 ottobre 2001 la sua governante la trova senza vita a casa, nell’Ottavo Arrondissement. Ha solo 69 anni, ma i medici confermeranno la morte per cause naturali, nel sonno. Il suo Scià è già morto nel 1980, un anno dopo essere stato esiliato lui stesso

in Egitto dal regime di Khomeini. Fino all’ultimo, anche se si era risposato con Farah Diba, Mohammad Reza Pahlavi non ha mai smesso di amarla a distanza, sostenendola anche economicamente. Soraya gli è sopravvissuta per oltre 30 anni. Senza mai più essere felice come in quel mese fatato della luna di miele, di quella che ormai le sembrava la vita di un’altra.

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