Imitazione della solitudine

Imitazione della solitudine

Racconto e foto di Martino Ciano

Ci siamo intrattenuti a cercare il nome giusto da dare all’amore, fin quando non abbiamo perso il senso delle parole. Abbiamo preferito chiuderci in una alcova di nubi, di ignoranza, tirandoci i capelli, spogliandoci, odiandoci e spaventandoci della nostra ira.

Abbiamo seguito con apprensione, tra tremori di cuore e angoscianti attese, ogni nostro movimento. Sarebbe bastato abbracciarci, pronunciare una parola salvifica, sfigurare il volto della rabbia baciandone i lineamenti spigolosi. Avremmo visto l’acciaio sciogliersi. No, non ci è sembrato opportuno.

Non volevamo morire ognuno per conto proprio. Eravamo in cerca di un perdono e di un riconoscimento. Volevamo appartenere solo a noi e sentirci vivaci, giocare come bimbi che saltano la corda, sorridere come quando si mangia un gelato o ci si sporca il naso di cioccolato.

Volevamo essere dispettosi, minacciandoci reciprocamente di sparire per sempre, di tuffarci in mare, di annegarci per ripicca, come se la vita desse una seconda possibilità. Era sempre un giorno dai lunghi coltelli quello tra me e te, ma stringevamo lame di gomma. Ci siamo maledetti mille volte, giurati amore altrettante. Abbiamo cercato di analizzare la brutalità dei giudizi, dei litigi, dei pensieri. Era espiazione ogni bacio basculante; era capace di spalancare le porte sul nuovo giorno ogni sussurro d’amore.

Nessuno sceglie quale pena portare nel cuore, se un amore, se un figlio, se parte di sé, se un boia che attende di punirsi.

Ora guariscimi, anzi guariamo insieme. Quando? Non so! Perché? Non ci sono motivi! Un giorno vale l’altro, una scusa è buona come la volta precedente. Si sono ammalati i nostri pensieri. Ogni tempo si è ripiegato su se stesso; è implosa la gioia, poi sono finiti i discorsi. È quel sesso dispotico che ci ha torturato gli istinti, un tormento alimentato da mazzi di fiori e da cene intorno a un tavolo addobbato per ogni stagione.

Il mondo ci dice questo sull’amore: siamo il benessere, l’opportunità poligama, la necessità fedifraga, l’opulenza a rate. L’amore è ovunque, ossia al mare, nel Suv, sotto il cielo dell’unico mondo che conosciamo, all’ombra di una pensilina dove si fermerà un pullman. Le pubblicità ci ricordano che noi siamo frasi di Baci Perugina, poesie banali che con semplicità sminuiscono la semplicità, in alcuni casi siamo simili a Dei scacciati. Banale è l’amore, anche se perseguita l’umanità.

Amore, non ci resta che sopravvivere, o tentare la fortuna come i ludopatici, o privarsi dell’umanità. Nessuno si cura da solo, ma spesso ci si dà fuoco al cuore solo per un attimo di tranquillità.

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