Sillabario all’incontrario. Ezio Sinigaglia e la memoria dell’indicibile
Recensione e foto di Martino Ciano. In copertina: “Sillabario all’incontrario” di Ezio Sinigaglia, TerraRossa edizioni, 2023
Ognuno di noi parla una lingua personale, nessuno può capire fino in fondo ciò che vogliamo dire, al massimo può essere interpretato, magari azzeccato, ma qualcosa sfuggirà sempre. Le cose si complicano ancora di più nel momento in cui ci rendiamo conto quanto è difficile tradurre quel movimento spontaneo e intimo di emozioni, di cui le parole colgono e manifestano solo qualche dettaglio.
Sillabario all’incontrario di Ezio Sinigaglia si tuffa nell’esperimento più difficile che ci possa essere, descrivere la propria malattia dell’anima. L’autore parte dalla lettera Z, come se volesse suggerirci che non c’è un inizio o una fine in questo percorso, tanto meno un ascendere o un discendere; tutto è eterna convalescenza durante cui mai si guarisce, tutt’al più nel tempo si assopiscono i sintomi.
Sinigaglia non scrive la sua biografia, semplicemente mostra il suo percorso, ma non perché sia degno di nota, bensì per non dare ad altri la grande responsabilità dell’essere inconsapevoli protagonisti. È lui che parla, che gioca con i simboli, perché sono proprio i simboli gli attori di questa commedia. Sono gli archetipi e le fondamenta della società umana che si rivelano e tracciano la strada su cui si incontrano sciagura e gloria.
Non giudica Ezio, non cerca colpevoli, non si appella a nessun tribunale. Non si considera né vittima né carnefice; lui è solo un uomo che prende posto insieme agli altri sulla giostra della vita. Tutti attraversano degli eventi, che siano buoni o cattivi non importa; così è e così sarà.
Amen? Sì, ma diciamo anche che questa è una scelta coraggiosa che volutamente scredita la solita lotta tra bene e male, rendendola una questione per palati banali.
Si sa, Sinigaglia non scrive libri che scorrono senza lasciare traccia, anzi, in Sillabario lui scava senza sosta mettendo in evidenza una cosa: l’ironia che sta in tutte le cose che ci riguardano. Infatti, è così impegnato l’uomo nel ricostruire il mosaico di tutto ciò che gli è capitato, che quando gli fugge qualcosa, ecco che si mette alla ricerca di quella tessera e non molla fin quando non ci perde la vista o, addirittura, la vita.
Nasce dalla depressione questo libro, composto tra il 1996 e il 1997. Ezio l’ha tenuto con sé conscio che “non sarebbe dovuto diventare un libro”. Alla fine, ciò che gli aveva consigliato il suo terapista, ossia scrivere, si è manifestato mantenendo intatto quel piglio da confessione disinteressata, quasi inventata, tanto da farla apparire come la storia di un uomo qualsiasi. A ciascuno il suo percorso, a ognuno il proprio sillabario, a tutti la possibilità di mescolare i ricordi e di estrarli a sorte.
Ci sono qui la sessualità, la letteratura, la libido, l’ingenuità, la timidezza, la marginalità, la vita, l’ossessione suicida, il miracolo della pazienza. C’è un piccolo dono tra queste pagine, ossia l’indicibile che è più forte del già detto. E forse sono proprio l’indicibile e la sua interpretazione meditata che costruiscono la memoria e la coscienza.