Silenzio e buio e stelle in cielo

Un racconto di Antonella Perrotta

Il mare è calmo, ma la corrente mi trascina e non so dove. Spero verso quelle luci della costa che ho intravisto prima, non so più quando, ma che ora non riesco più a vedere.

Sono stremato, al punto da non sentire più le braccia e le gambe.
Mi distendo sulle acque, abbandonandomi alla corrente col viso rivolto al cielo.
È stellato, come nelle notti in Africa.
Mi abbandono a questo mare.
Mi abbandono a questo cielo e prego le stelle di vegliare su di me e la mia famiglia.

Ho sentito la voce di mio fratello prima, forse qualche ora fa, non so. Incoraggiava mia madre, mentre lei, invece, si lamentava. Un lamento fioco, lontano, mischiato coi suoni del vento e del mare. Io, però, l’ho distinto chiaramente. Ma, ora, non sento più nulla. Nessun lamento, nessuna voce.

C’è solo silenzio.

Silenzio e buio e stelle in cielo. La mia testa è ovattata, i pensieri sfuggono, si disperdono in queste acque. Provo a mantenermi sveglio ripetendo il mio nome, Kamal, ma la mia voce non ha più un suono.

Così mi chiamo: Kamal. E mio fratello Fadi: è questo il suo nome. E Afrah è quello di mia madre. Vuol dire Felicità. Ma lei, la felicità, non l’ha conosciuta mai. Avrebbe voluto solo un po’ di pace, ma neanche questa ha conosciuto.

“Kamal, stai sveglio! Stai sveglio!” ripeto a me stesso, fissando le stelle. Ma sono troppo stanco. Troppo. Non riesco neanche più a vederle. Eppure, vorrei, ché io le ho sempre amate, le stelle.

Non riuscirò a vedere nemmeno il giorno. Eppure, avrei voluto vedere anche quello. Avrei voluto conoscere, anche solo per poco, il rispetto che è dovuto a ogni essere vivente.

Mi addormento. Ma il mondo non lo sa che io sto dormendo tra queste acque e che, più in là, dorme mio fratello Fadi e  mia madre Afrah.

Il mondo non sa guardarle, le stelle.

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