Siamo donne, storia della direttrice d’orchestra Antonia Brico
Recensione e foto di Adriana Sabato
“Siamo donne, oltre le gambe c’è di più” … si cantava a Sanremo tantissimi anni fa. Ed è proprio il caso di dirlo e di sottolinearlo dopo aver assistito alla proiezione del film “Sulle ali della musica”. Già le donne e la musica: nel corso della storia, le donne hanno influito sulla musica attraverso la loro creatività e il loro contributo artistico come compositrici, performers, musiciste, cantanti e amanti della musica. Come non ricordare Hildegard von Bingen, o la mitica Nannerl (la sorella di Mozart musicista e compositrice di talento, che ebbe tanta parte attiva nella vita del compositore) oppure a Clara Schumann, solo per citarne alcune. Anche se la loro partecipazione è stata limitata in molte epoche e culture, le donne hanno affrontato sfide e ostacoli per realizzare i loro sogni e raggiungere il successo come musiciste.
Come Antonia Brico, la sua storia tanto avvincente ha tenuto incollati allo schermo tantissimi spettatori. Una storia fatta di talento, passione, dedizione, cuore verso l’arte dei suoni. Mai come in questo film la passione nutre la determinazione e dona forza nell’affermarsi delle personali propensioni e talenti naturali dimostrando che così e solo così si possono superare avversità e ostacoli a prima vista insormontabili.
“Sulle ali della musica” è un film di genere biografico, drammatico del 2019, diretto da Maria Peters, con Christanne de Bruijn e Benjamin Wainwright. Si tratta di una co-produzione tra il Belgio e i Paesi Bassi, quest’ultimo patria della Brico. Il film, mai distribuito in Italia, ripercorre dunque i primi anni di vita della direttrice d’orchestra, le sue vicende personali e le battaglie che ha dovuto affrontare per poter realizzare i propri sogni. In questo film si fondono dunque musica e vita, proponendo un appassionante racconto che permette di svelare di più su una figura femminile fondamentale non solo per il suo contesto ma per l’intera storia delle conquiste di genere.
La vicenda di Antonia ha inizio a Rotterdam, nei Paesi Bassi, dove nacque nel 1902 col nome di Antonia Louisa Brico da madre olandese non sposata. In seguito ricevette il nome di Wilhelmina Wolthuis dai suoi genitori adottivi e insieme a loro migrò negli Stati Uniti d’America nel 1908, stabilendosi in California. Da subito la bambina si rivelò essere un prodigio della musica, portando avanti con successo le proprie lezioni di pianoforte.
Quando, nel 1919 lasciò la Technical High School di Oakland, era già una pianista esperta e aveva già fatto esperienze di direzione d’orchestra. All’Università della California di Berkeley Brico lavorò come assistente del direttore del San Francisco Opera. Dopo la laurea, ottenuta nel 1923, studiò pianoforte con molti insegnanti, soprattutto con Zygmunt Stojowski. Nel 1927 si iscrisse alla Universität der Künste di Berlino e, nel 1929, ottenne il master class in direzione d’orchestra, divenendo così il primo statunitense ad ottenere tale riconoscimento. Successivamente, decise di dedicarsi alla direzione d’orchestra e nel 1930 si trasferì a Berlino per studiare direzione con i famosi direttori d’orchestra Karl Muck e Fritz Zweig.
Iniziò in questi anni a subire la discriminazione e l’ostilità di alcuni colleghi e critici, che non accettavano il fatto che una donna potesse ricoprire tale ruolo. La cosa però non le impedì di proseguire il suo percorso e nel mese di luglio 1938 divenne la prima donna a dirigere la New York Philharmonic. Nel 1942 si stabilì a Denver, dove nel 1948 venne nominata direttrice della Denver Community Symphony. Continuò naturalmente ad apparire come direttrice ospite in orchestre di tutto il mondo, tra cui anche la Japan Women’s Symphony. Dopo aver ottenuto ogni successo possibile e aver aperto la strada alle donne per il ruolo di direttrici d’orchestra, Antonia Brico morì nel 1989 a 87 anni, dopo una lunga malattia. Da vedere, sicuramente.