Una luce abbondante. Sonia Serazzi e la bontà del mondo

Una luce abbondante. Sonia Serazzi e la bontà del mondo

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Una luce abbondante” di Sonia Serazzi, Rubbettino editore, 2024

Come una allegoria che vuole scrollarsi di dosso il dolore. La luce abbondante di cui ci parla Sonia Serazzi è prima di tutto una voce onnisciente che si cala tra gli uomini, incarnando un “Io” pronto a raccontare con un pizzico di disincanto la quotidianità. Il resto è invece la narrazione lirica di fatalità che si incrociano, in cui resiste però la volontà di fare prevalere la parte “buona” di ogni cosa.

Non c’è stoltezza nelle azioni di Silverio, ex panettiere con il vizio della carità, diventato poi esperto autista di ambulanze. Non v’è malvagità o lussuria in sua moglie Marinzaina, che ama guardare la realtà attraverso le biglie colorate rendendo poesia la sua follia; che resta incinta e concepisce angeli ogni qualvolta un Carabiniere la osserva. Non esiste traccia di cattiveria nella loro figlia Francabbù che, da quando ha imparato a scrivere correttamente seguendo le righe del foglio, ha compreso che non sempre ciò che prosegue dritto è anche giusto; sono purtroppo gli uomini a fare del mondo ciò che vogliono.

Sarà così che il disagio e la povertà avranno una dignità capace di risuonare, di risplendere e di farsi interprete della bontà. Una bontà simile a quella che Silverio insegna a sua figlia, affinché tutto sia traslato in una prospettiva luminosa; un po’ come le cose che Dio fa.

Ma della crudeltà che ne facciamo? È proprio il linguaggio ricercato, poetico, che fa della crudezza contenuta in alcune scene un orpello che può essere escluso dal mondo. È la voce dei fatti che ammalia. In essa sono già presenti le risposte, le soluzioni, i paradossi.

La luce abbondante è il bene di cui parla Sant’Agostino, senza cui ogni cosa diventa male. E se l’assenza della bontà è la causa di ogni dolore, allora è colpa dell’uomo o di Dio ciò che di malvagio e disturbante accade nel Mondo? Il disagio vissuto e sopportato da alcuni è imposto dagli uomini o da Dio? Tutta questione di “libero arbitrio”, continuerebbe a dire  Sant’Agostino, il cui pensiero, forse in maniera involontaria, sembra riecheggiare tra queste pagine.

Se l’uomo è libero, allora Silverio decide di insegnare la bontà, anche se non ne avrebbe motivo.

È una storia dura quella raccontata da Serazzi. Ambienta il romanzo in una località chiamata Sacravento, nome che alle orecchie suona come l’annuncio di un destino ineluttabile pronto a travolgere tutti; ognuno però risponderà diversamente alla chiamata. E tra Silverio, Marinzaina e Francabbù abitano anche suor Teresa, Marsol e Sarsì, che non sono personaggi marginali, ma a ciascuno di loro è concesso di interferire, in modo che sia più lieto godere di una abbondante luce che spesso l’occhio umano non vuole scorgere.

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