Salvatore Satta, il fascismo dell’uomo tradizionale

Articolo di Martino Ciano – già pubblicato su Zona di DisagioIn un momento come questo, nel quale fascisti e antifascisti cercano il loro posto rievocando teorie anacronistiche, la lettura del De profundis di Salvatore Satta eviterebbe tanto onanismo ideologico. Sono sicuro che alcuni non riuscirebbero a sopportare il puzzo della colpevolezza che ancora aleggia sulla nostra italica (in)coscienza.Ebbene, questo breve saggio fu scritto tra il 1944 e il 1945. Salvatore Satta parte da un episodio particolare. Un militare italiano, reduce dal fronte russo, sale su un treno, trova posto in uno scompartimento e viene subito adocchiato da un borghese curioso, che inizia a fargli delle domande. Il racconto del soldato è meticoloso, ricco di spunti di riflessione, ma l’uomo si addormenta e il milite continua a raccontare al vento la sua esperienza siberiana.Ecco una metafora dell’Italia fascista, ossia, una nazione dormiente che non si accorge della disgrazia. Ma a volere il regime fu proprio l’uomo tradizionale, a cui interessava vivere senza troppi pensieri. Dopotutto, ci spiega Satta, la borghesia voleva un uomo forte che si facesse carico di tutti i problemi, e tra i tanti pretendenti scelse Mussolini. Vero è che il regime avrebbe tolto a tutti la libertà, ma a pensarci bene, agli italiani è mai importato qualcosa della libertà?Infatti, ci spiega lo scrittore sardo, quando Mussolini dichiarò guerra alla Francia e di riflesso all’impero britannico, l’uomo tradizionale rimase deluso; questo perché la borghesia italiana aveva sempre osservato con ammirazione il modello anglosassone della libertà, basato sulla ricchezza e sull’abbondanza. Per questo motivo, quando gli Alleati entrarono in Italia, tutti scesero in piazza a festeggiare. Infatti, nessuno aveva mai accettato la guerra contro gli inglesi; così come, nessuno vide di buon occhio l’alleanza con il popolo tedesco; popolo dal quale gli italiani si sono sempre dovuti difendere.Ma il concetto di libertà caro agli anglosassoni non è né romantico né razionale, bensì, ha come unico scopo quello di liberalizzare degli spazi altrimenti inaccessibili, che verranno poi sfruttati economicamente.Pertanto, l’uomo tradizionale, ossia, il borghese, attraverso il Fascismo, ha solo cercato di calmare le acque di un’Italia in preda a una pericolosa isteria bolscevica, per poter svestirsi dei suoi logori indumenti e indossare abiti da gentlemen. Fatto sta che Mussolini ha rotto l’incanto di un romantico contratto firmato anni prima, e che aveva come oggetto la cessione del decadente modello italico della libertà. Anche i contadini e i proletari si sono fidati delle promesse e hanno vissuto gioie e miserie del Fascismo come se fossero espressioni di una inesplicabile volontà divina. Nessuno poteva immaginare che il sonno della ragione portasse con sé la Guerra Civile, le città distrutte e una penisola devastata dalle bombe e dalla povertà, e che gli abiti da gentlemen venissero pagati con fiotti di sangue.Così parla Satta. Lo scrittore sardo guarda con ironia e cinismo all’Italia fascista. L’uomo tradizionale, colpevole dell’avvento e della disfatta del regime, è stato colui che ha acclamato e poi maledetto Mussolini. Con il suo dormir tranquillo ha attirato nella trappola tutti gli altri; compresi gli eroi, ossia, quelle camicie nere che subito dopo la conquista del potere abbandonarono il coraggio, la forza bruta, la carica rivoluzionaria, il furore e la sfrontatezza, in favore delle buone maniere e della mollezza.Questa lettura che ci propone Satta è un discorso amaro e mai affrontato nella nostra Italia, ancora priva di identità. Nonostante la sua storia millenaria, la penisola appare divisa in piccoli stati e in zone in cui a governare è l’anti-stato, ossia, una mentalità tribale che adora feticci. Ancora oggi, il Fascismo appare come una rivoluzione neutra, che sta dando a qualcuno la possibilità di giocare al rosso e al nero.Ciò che Satta denuncia nel suo De Profundis è questo: l’Italia non ha mai creato un suo modello di libertà, ma ha sempre guardato a quello degli altri. Un problema che persiste e che non si risolve con la sola applicazione della Costituzione, ma con un processo di emancipazione.

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1 commento

  • mi sa che lo leggo, grazie per la segnalazione

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