Rivoluzione in un passero sull’albero

Rivoluzione in un passero sull’albero

Articolo e foto di Lucia Bonacci

Spesso ci si imbatte nella parola rivoluzione, talvolta abusata, violentata, urlata in diversi contesti e in mille bocche differenti.

La usiamo come scudo, ce ne appropriamo perché ci fa sentire meno colpevoli, solo perché i nostri ragionamenti sembrano avere un filo logico. Diciamo di praticarla, attuarla, desiderarla.

Ma se ci poniamo con attenzione davanti a uno specchio, cosa intendiamo davvero oggi col termine rivoluzione?

Le rivoluzioni, nel corso della storia, hanno determinato passaggi epocali e trasformazioni indispensabili nella società, nel campo scientifico, in quello dei diritti dell’uomo, nel sapere e nelle varie tecniche e tecnologie.

Le rivoluzioni sono servite per ribaltare, appunto stravolgere, situazioni opprimenti, creando fratture necessarie nell’ordine esistente.

Però è anche accaduto, e forse la poca empatia con cui spesso ci si approccia ad eventi feroci lo dimostra, che le rivoluzioni si sono integrate dentro sistemi di potere che ricalcano vecchi modelli e in cui lo slancio viene appiattito poiché, forse, ci basta che alcuni equilibri restino fermi, assestati.

Eppure oggi, di fronte a tanta disillusione, di fronte a tanto orrore, di fronti a concetti e termini considerati oramai illusori, avremmo bisogno di una nuova rivoluzione.

Principalmente una rivoluzione dell’anima, dello sguardo, della reciprocità, per guardare e cambiare ciò che ci sta attorno.

Rino Gaetano cercava la rivoluzione “in un passero sul ramo”, provava cioè a trovarla nelle cose più semplici, banali, spontanee che poi, forse, tali non sono. Anzi.

E se fosse questa la vera ripartenza? Se partissimo, cioè, dall’etimologia della parola?

Rivoluzione ha il cuore nel verbo latino revolvo che, in qualche modo, porta seco l’idea del riavvolgimento, del ritornare su sé stessi, come l’onda del mare che si rifrange sugli scogli e ritorna, come la luce potente dell’alba che si riflette su uno specchio d’acqua e restituisce la sua essenza.

Per fare oggi rivoluzione dovremmo ri-tornare alle abitudini e ai gesti semplici. Dovremmo ri-tornare ad osservare le stelle, a leggere, a scrivere su carta.

Rivoluzione è ri-tornare a discutere nelle piazze e a riempirle; rivoluzione è caduta, è paese; rivoluzione è sentire forte la nostalgia; rivoluzione è chiedere “come stai”; rivoluzione è ascolto, rivoluzione è prendersi realmente cura dell’altro; rivoluzione è gentilezza.

Rivoluzione è occhio vigile; rivoluzione è anche semplicità. Rivoluzione è ri-tornare ad ardere in un fuoco. Rivoluzione è radice. Rivoluzione è relazione; quelle relazioni che partono da noi verso l’altro, ciclicamente, ri-tornando, ri-avvolgendo, come in un abbraccio.

È questa la rivoluzione di cui abbiamo bisogno, per tornare a riappropriarci dei sentimenti e riscoprire la pietà.

Prima che sia troppo tardi.

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