Risorgerà il sole di Sara Giulia Vitale. Un libro e altre narrazioni

Risorgerà il sole di Sara Giulia Vitale. Un libro e altre narrazioni

Articolo di Angelo Maddalena. In copertina “Risorgerà il sole” di Sara Giulia Vitale, Robin, 2022

Quando ho saputo che Sara aveva trovato lavoro in una gelateria di Milano, mi son detto che finalmente avrebbe lavorato per almeno sei mesi o anche più, poi dopo tre mesi le è scaduto il contratto, non so se le hanno proposto di rinnovarlo, e neanche mi ha dato il tempo di chiederle se c’era questa possibilità: “Meglio così”, mi ha detto, “almeno potrò farmi le vacanze libera, dopo si vedrà”.

Pochi mesi dopo è uscito il suo primo libro, Risorgerà il sole, un romanzo che forse Emile Cioran avrebbe apprezzato, lui che diceva: “Un libro deve frugare nelle ferite, o aprirne di nuove, un libro dev’essere pericoloso”. Quando, venti anni fa, leggevo Disoccupazione creativa, di Ivan Illich (pubblicato per la prima volta a fine anni ‘70), non immaginavo che la generazione nata alla fine degli anni ‘90, come quella di Sara, avrebbe maturato un percorso così “spiazzante” nei confronti del lavoro fisso.

Dopo la pandemia negli Stati Uniti si è diffusa la tendenza a dimettersi volontariamente da posti di lavoro fissi e anche ben pagati, è il movimento conosciuto con il nome di Grandi Dimissioni. Pensavo fosse difficile che attecchisse in Italia, paese notoriamente di “affezionati al posto fisso” e invece gli ultimi dati parlano di un milione e seicento mila persone che hanno volontariamente abbandonato il posto fisso negli ultimi sei mesi, in Italia. Cerco di capire meglio di cosa si tratta, la scorsa estate mancavano 250 mila cuochi e camerieri nei ristoranti, due mie amici che gestiscono ristoranti in Umbria mi confermano la difficoltà a trovare personale in cucina.

Federica, dell’Osteria Rosso di Sera, mi dice che da agosto del 2022 ha iniziato a pagare un cuoco con uno stipendio “da manager”, perché non trovava nessuno, e stiamo parlando di un ristorante tra i più rinomati in Umbria che fino a un anno fa trovava un cuoco senza la minima difficoltà. E non è solo una questione di pagare bene o pagare di più o “tutta colpa del reddito di cittadinanza”, è una nuova coscienza, covata negli ultimi decenni, fiorita negli ultimi anni in chi è nato tra la fine degli anni ‘90 e l’inizio del 2000, ma anche il periodo di quarantene a ripetizione che, prima con lo smart workng, poi a forza di stare fermi e quindi costretti a riflettere bene su se stessi e sul proprio futuro, ha generato qualcosa di nuovo e ancora in via di definizione.

Ho provato a chiedere a Sara come vive e cosa pensa di questa “nuova” tendenza che la coinvolge. Sara è nata nel 1998 a Milano, si è diplomata al liceo artistico Boccioni e poi si è iscritta a Mediazione Linguistica, ma non ha continuato, ha fatto un corso di doppiaggio a Milano e sta facendo un corso intensivo per traduttrice dialoghista a Bologna. Ha da poco iniziato a lavorare part time, come lei stessa dice: “Al momento, e oso dire per fortuna, lavoro in una autoscuola come receptionist tutte le mattine”. Credo che le sue risposte vadano nella direzione di una richiesta di fermarsi per capire cosa sia la cosa importante per sè stessi, così come credo sia per tutti gli altri che stanno facendo scelte simili negli ultimi anni.

Circa venti anni fa incontrai Maria, una ragazza di Comiso, aveva 19 anni e mi disse che aveva smesso di andare al liceo per un anno, durante quell’anno aveva viaggiato e poi era tornata e si era diplomata. Forse è questo il punto, che anche Sara in un certo qual modo indica, a volte direttamente a volte indirettamente: capire cosa si vuole e viaggiare, anche se Sara spesso denuncia il fatto che per viaggiare occorrono molti soldi. Cartesio, cinquecento anni fa, diceva che voleva impiegare tutte le energie spirituali per capire quale fosse la sua strada e percorrerla fino in fondo.

Erich Fromm nel libro Fuga dalla libertà spiega che la cosa più difficile da fare, nella vita, è capire quello che vogliamo, e che è più difficile oggi, anche se abbiamo molti strumenti rispetto a qualche secolo o a qualche decennio fa, ma oggi, spiega Fromm, esistono molte più “autorità interiorizzate”, il conformismo, l’opinione pubblica, il senso comune, e attenzione: Fromm scriveva negli anni ‘30, mentre c’erano regimi totalitari come il fascismo di Mussolini in Italia e Hitler in Germania.

Quindi Sara e tanti altri che stanno rifiutando il posto fisso, forse stanno scardinando quell’imperativo interiorizzato secondo il quale, non solo si deve lavorare (ma questo Sara lo ammette e lo accetta: “Intanto bisogna sempre partire dal presupposto che comunque si deve lavorare”, dice, e aggiunge: “I datori di lavoro dovrebbero pagare il giusto, senza sfruttare e lasciare una giusta quantità di tempo libero ad ogni dipendente in modo che possa svagarsi”), ma ancor più importante, è la coscienza di difendere il tempo per sé stessi, che può aiutare a decidere e a “svagarsi”.

Si tratta di riprendersi in mano la propria vita, che è anche viaggiare per conoscere sé stessi e gli altri, vicini e lontani. Per quanto riguarda la possibilità di viaggiare pagando poco, Woody Gutrie la metteva giù così: “Per viaggiare molto ci sono due strade: avere tanti soldi o non averne affatto, nel secondo caso si apre un mondo meraviglioso!”. A proposito di “creatività” nel viaggiare e nel vivere, è da poco uscito il libricino La Disoccupazione creativa è ancora viva?”, di Animo Mare, nella collana ProfondileAli delle Autoproduzioni Malanotte.

 

P.S.: questo pezzo è stato scritto a febbraio del 2023, nel numero di maggio de Il Messaggero di Sant’Antonio c’è un articolo di Giulia Cananzi dal titolo La grande diserzione, in cui è citato il libro di Nicola Colamedici da poco pubblicato: Ma chi me lo fa fare?, come il lavoro ci ha illuso, la fine dell’incantesimo (HarperCollins).

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