Il ricordo è poesia

Il ricordo è poesia

Articolo e foto di Martino Ciano

Un foglio ingiallito, non cercato ma ritrovato, addormentatosi in un cassetto in cui si lasciano a morire i ricordi… maledizione al caso… e tutto tornò, come le immagini che non si vogliono fare più tornare. Avrei preferito bendarmi gli occhi, ma non fu possibile né in quel momento né prima, quando annotai per lavoro ciò che successe. La tecnica fredda del chi, cosa, dove, quando, perché. Perché? Nessuno può saperlo, ché ragione non esiste, ché la ragione anche se ci fosse non sazierebbe, ché se anche fosse conoscibile non sarebbe rappresentabile. Si materializzò però una scrittura. Parole che formulano pensieri e versi che servono a qualcosa. Ogni ora è imperfetta per rileggerle, ma di un’ora non si salva che qualche minuto e, magari, una banale prosa.

Da un vecchio foglio conservato in un’agenda

Era notte davanti all’ulivo e lì gemevano le tue scarpe. Nient’altro è rimasto, te lo giuro, solo un articolo di giornale. C’era il nevischio sui tuoi capelli, la barba incolta dei giorni insonni, lucidi occhi che specchiavano la collina, il terrore dell’amico-medico condotto in fallo da un respiro che ultimo uscì, allentato il rimorso.

T’avevano abbandonato, quando promisero di salvarti, t’avevano scacciato, quando promisero di cullarti. Stava lacrimosa la dama con l’ulcera nello stomaco gonfio, sembrava incinta, era vecchia e vedova, sciabordavano in lei vino e aceto di mele. Affacciata alla finestra, seno appoggiato sul davanzale, sguardo di rugiada e lingua di marmo, mentre t’avvolgeva il lenzuolo pallido che tua nonna ripose nell’armadio, per non dimenticare che il primo atto d’amore è una lacerazione, poi dolore-gioia-mestruazione o prole.

C’è brio oggi, in terra e negli uomini, tra i lombrichi e la lattuga, tra le rose e le calle, spunta il sole e il boia sorride, è in pace. C’è qui Dio, ora imperfetta per gridare. Sono passate la notte e la sventura, pure l’inverno si è truccato d’estate.

Di quel giorno furono benedetti i sogni del bambino che non ti vide annaspare prima di afflosciarti. Noi rimanemmo ai tuoi piedi, coi cuori arrugginiti, le voci gracchianti, le braccia conserte, arresi in ore di sdegno per dare alla colpa un pianto di melma.

 

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