Angoscia del dopo-insonnia
Racconto e foto di Adriana Sabato
Si svegliò inquieta. Ancora tristemente inquieta ma per fortuna stanca: erano ossimori dai quali non riusciva a ridestarsi. Un lungo letargico sonno che non scompariva, non voleva abbandonarla. E non voleva abbandonarsi. E mentre l’orologio segnava (ormai) mezzogiorno, si poneva mille domande…
Erano giorni difficili, tristi e cupi, e mentre lui la guardava sorridendo la prese per un braccio accennando un triste tango. Prima col canto e poi coi movimenti del corpo. Il tango è bello ma è anche molto triste per qualcuno: il «pensiero triste che si balla» – secondo la celebre definizione di Enrique Santos Discépolo – che ha fatto la fortuna dell’Argentina nel mondo.
Accendendo la tv apparve anche la musica. Bella la musica, bella la coreografia, quando c’è. Libera la fantasia, tutto si sprigiona dalla musica: verità nascoste, povertà di linguaggio, vento che ulula, pioggia che scroscia… Il tempo non esiste, si nasconde dietro alle note: cela tutti i suoi mostri dentro teorie ancora misteriose. La relatività è ancora dietro l’angolo e le apparenze tendono sgambetti! Nulla da fare, l’apparenza del tempo psicologico è fuori da qualsiasi schema.
Lei piangeva senza fermarsi, senza motivo piangeva e intanto la sua mente spaziava da un momento di allegria ad un momento di tristezza. E si dava schiaffi, si strappava la pelle tentando di grattar via il solletico di dosso: sembrava un cane con le pulci! Come quando, andando in campagna, aveva sentito addosso la stretta dei pollini sul suo corpo, quella strana sensazione di essere assaltata da qualcosa che non riusciva a definire, ed era proprio impossibile levarselo di dosso. Forse era preda di un insano delirio?
Ripensava a sua madre, alla sua tristezza, alla rabbia inespressa o forse non capita: comunque si sentiva impotente di fronte a tutta la coerenza del mondo intero. Ordinato, schematico, schiavo… o era davvero tutto apparenza?
Fino a ieri anche lei era così: schiava degli schemi e di tutte le cose preorganizzate, ma d’improvviso tutto si era rotto, frantumato per colpa di un ingranaggio inceppato. E allora via, tutto all’aria, ché così sembra tutto perfetto e la perfezione non è di questo mondo, ci distrugge, non esiste: sopraggiunge una distrazione e tutti i piani vanno in aria. Una bomba imprevista. Un fulmine a ciel sereno, via! Come le guerre…
Deliranti i morsi di quell’immensa sensazione di fastidio. Deliranti e illogici per il semplice motivo che non trovavano spiegazione. L’anima angosciata non rispondeva più…