Quella strana cosa chiamata letteratura: solo un mite commento

Articolo a cura di Martino Ciano – già pubblicato su Zona di Disagio

Sono morte le correnti letterarie. Se ne sono andati per sempre i ricercatori di parole, i vagabondi con i loro pensieri rivoluzionari, gli utopisti e coloro che redigevano manifesti incendiari. Qui sono rimasti solo gli attacchini, condannati a leccare il culo ai profeti di sventura del XXI secolo, per pubblicare le proprie scemenze. Da tempo mi rifiuto di leggere libri corredati da promettenti fascette.

500 mila copie vendute in due settimane.

A tua sorella, forse! Mormoro, percorrendo a passo svelto i reparti dell’unica libreria presente nel mio piccolo borgo calabrese, dove chi legge è una mosca bianca. Dalle mie parti la carta imbrattata di inchiostro spaventa più della lupara, anche di quella bianca. Ma tutto il mondo è paese, me lo ricordano i tanti amici, veri amanti dei libri, che bazzicano come me Facebook.

La letteratura è morta. Il lettore accanito piange su un cadavere in decomposizione.

Lo scrittore contemporaneo è ormai una rockstar, la sua immagine vale più del suo libro. Il suo atteggiamento dev’essere maleducato, poco culturale. Deve scrivere il necessario in maniera compulsiva, tanto l’editing glielo fanno prima ancora che il romanzo sia finito.

Si è perso l’amore per la letteratura e per la poesia, ormai, le parole sono uno sfogo di rabbia repressa. Non ci si interroga più sull’ambiente che ci circonda, anzi, con piacere qualcuno ammette che questo è proprio un bel posto in cui vivere.

Leggo dai quaranta ai cinquanta libri all’anno. Anche se mi ritiro distrutto dal lavoro, ho bisogno di sfogliare un libro. I migliori sono quelli del secolo scorso. Si sente la passione, l’amore per la parola, il sacrificio per un ideale alto, nobile, spirituale. La maggior parte di queste opere è stata scritta da mani che hanno potuto spezzare poco pane, è stata pensata da intellettuali che puzzavano di fame; ma diamine signori, trovatemi uno scrittore così, oggi, e vi solleverò il mondo con un piede. Avevano le scarpe bucate, ma avevano grandi ideali, si aiutavano l’uno con l’altro. Le divergenze erano frutto di scontri ideologici.

Vedute diverse? Ideologia? Oggi esiste ancora tutto questo?

La tecnologia avrebbe dovuto renderci più vicini, invece, ha creato divisioni e invidie. Leggo di diatribe basate sulle vendite, sull’io scrivo meglio di te, sull’io sono bravo tu fai schifo. Molti scribacchini, raggiunta la vetta della classifica delle vendite di Amazon, Ibs e altro, si fregiano del loro titolo di intoccabili. E non fa niente se anche nei loro libri appaiono errori come: se sarebbec’è n’èun’altro; bisogna considerarli stilisticamente accettabili. Poi, nel mezzo del cammin di questa strada oscura, ci sono gli esordienti maleducati ed egocentrici che ti chiedono la recen…zione. Te la chiedono con odio, con la foga di un tossico in preda ad una crisi di astinenza. In alcuni casi ti suggeriscono come devi presentare al pubblico il loro capolavoro.

Una sera, un baldo giovane mi scrisse: il mio libro è originalissimo. Io leggo giusto qualche libro recente, pochissimi classici, proprio perché non voglio copiare, ma scrivere roba inedita.

Secondo questa teoria, Borges, che sui libri si è bruciato letteralmente gli occhi, era privo di talento.

Logicamente, io sono un pivellino aspirante scrittore, aspirante critico, aspirante cretino, aspirante giornalista, aspirante demente, che ha visto davvero poco; infatti, più si sale, più abbonda la mediocrità. Ma a pagarne le spese è la letteratura, quella parola che ormai non significa nulla. E noi maniaci ricercatori del bello, della parola che ci tolga il fiato, invochiamo il ritorno delle correnti, delle grandi idee, delle utopie.

Siamo proprio dei fottuti conservatori.

Infatti, in una stanzetta ho costruito volume dopo volume la mia libreria. Seicento opere, riposte in quattro scaffali acquistati all’Ikea. Sono sicuro che ne riempirò un quinto, poi un sesto e così via. Ecco, anche questo vuol dire essere conservatori: leggere sperando che si torni a parlare di letteratura.

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