Quella storia ancora da vivere, pensando a te
Di Giuseppe Gervasi
Ho visto in te il nonno che attende i nipoti sull’uscio di casa, di ritorno da scuola o da un altro luogo di vita.
Ho visto un padre, che si riposa nelle ore pomeridiane dopo una mattinata di lavoro.
Ho visto una madre, che stende il bucato passandosi la mano sulla fronte umida.
Ho visto una nonna, che bussa alle porte dei propri figli per donare un bacio ai nipoti, che sognano sui libri in attesa del pomeriggio in piazza.
Ho pensato a te, ruscello, che scorre verso il mare e bacia le campagne di figli perduti.
Ho pensato al mio paese, che guarda verso l’azzurro greco, custode di coppie in bilico sulle acque o nascoste tra le sue onde.
Ho pensato a te, pensando a chi vive nelle tue mura o in mura lontane, con il cuore gonfio di ricordi, malinconie e speranze.
Ho pensato a te come fanno in tanti, nell’istante in cui le mani tremanti serrano le tue porte, dopo un breve periodo di vacanze e di riti.
Ho pensato a te, in una stanza fredda di città.
Ho pensato a te mentre percorrevo strade sconosciute, larghe, deserte.
Ho pensato a te quando dopo l’ultima curva mi è apparso il tuo viso pieno di rughe e di storie.
E tu, chissà se solo per un momento hai pensato al vuoto che vivi?
Al calore di un tempo?
Alla povertà nobile delle tue passate venture?
Ho pensato a te, pensando a me e alla storia ancora da vivere.