Quel macigno chiamato ego

Articolo di Albino Console

Dicono sia virtù indispensabile la fiducia in noi stessi, quel tocco di sana presunzione, volano di ogni impresa, motore del primo passo verso ogni obiettivo. Dicono che un buon genitore debba nutrire l’ego del figlio instillandogli quella sicurezza che lo accompagnerà per sempre, anche dopo la propria morte.

La verità, ahimè è altra, l’uomo cieco e pieno di sé, lega indissolubilmente una grossa pietra al proprio collo e alla sua anima, beandosi della sua piccolezza, gratificato dal nulla mascherato da grandezza. L’animo appesantito dalla convinzione di essere, rimane intrappolato in quel corpo materiale che impedisce ogni evoluzione, che come una zavorra nega il volo a ciò che sarebbe destinato ad elevarsi.

In questo, gli antichi Architetti forniscono strumenti arrivati fin qui, il filo a piombo, il regolo e la squadra ci insegnano rettitudine e senso di giustizia, ed i maglietti risultano indispensabili per sgrossare quella pietra che una società troppo occidentale, materialistica, ci ha legato al collo dal momento della nascita. Colpire con forza prima e con cura poi, probabilmente non ci libererà mai del nostro fardello umano, ma può provare a rendere quel macigno, pietra quadra, pietra che trova una sua collocazione di fianco ad altre pietre come lei, così da creare fondamenta, muri e tetti di un magnifico Tempio interiore.

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