Oltre l’ombra di un sogno. Marco Quarin e il “travestimento” della realtà

Oltre l’ombra di un sogno. Marco Quarin e il “travestimento” della realtà

Recensione di Martino Ciano già pubblicata su Zona di Disagio. Seguici e iscriviti anche sul canale WhatsApp: https://whatsapp.com/channel/0029VaDWcN25EjxzoWoAJu05

Di una vita non possiamo comprendere tutto, perché le azioni che ognuno di noi compie sono imbevute, anche quando sembrano premeditate e architettate, di imprevedibilità, quindi soggette a un “qui-ora” che è irripetibile. Ecco perché pur sforzandosi, Angelo Brantani, protagonista di questo romanzo, non riuscirà davvero a rimediare agli errori del passato. Potrà solo accontentarsi di trovare altre forme per discolparsi e per mitigare i suoi rimorsi.

Anzi, ogni ricordo, ogni analisi di quel periodo in cui era giovane e spensierato, alimenta altri dubbi, ulteriori sensi di colpa, inedite e comode giustificazioni. Nessuno può manipolare il passato, a patto che gli altri non ricordino; Angelo lo sa bene, è uno psicoterapeuta di successo e sa che da certi meccanismi della mente non ci si salva; con tutto si deve convivere, anche quando pensiamo di aver superato ed emancipato la parte peggiore di noi.

Tutto questo è il romanzo di Marco Quarin, che in una liturgia del rimorso e della redenzione ci porta per mano in una inquietudine che si abbuffa della quotidianità, che controlla l’istinto, che fa dell’uomo un essere che odia la propria razionalità. Ogni cosa è dilatata nel tempo e attraverso il tempo si aggrega ad altri elementi, tant’è che ogni personaggio sembra essere proiettato solo verso il futuro, senza badare al presente e alla sua forza agente.

Oltre l’ombra di un sogno è quindi metafora di un qualcosa che dovrà accadere secondo i nostri desideri; di un frammento che, proprio per il fatto di essere sentito distante e controllabile, può essere incastonato a nostro piacimento. Tutto si può risolvere in futuro; tutto può accadere; fatto sta che, quando il tempo a nostra disposizione stringe, ci rendiamo conto che siamo stati padroni delle nostre azioni, e forse neanche di quelle, ma mai delle conseguenze.

Questo andare contro il tempo, questa necessità di entrare nel proprio inferno, convinti di poter risolvere sé stessi, è uno dei temi del romanzo. Un altro tema è la poca consapevolezza che ognuno ha di sé. Brantani ricorda per induzione, necessita di qualche avvenimento o di rivelazioni; la sua è apparentemente una volontà schematica, calcolatrice, ma è una compensazione del suo super-dubbio, ossia l’incertezza dell’essere un buono.

La scelta di abbandonare tutto, ogni privilegio, pur di scoprirsi, è la prova che nessuno comanda nella propria torre di controllo, ossia l’inconscio. Brantani sa bene che ogni struttura o sovrastruttura è il tentativo di mettere ordine, di dare all’uomo la possibilità di sopravvivere. Anche l’autore di questo romanzo lo sa e, come tutti gli scrittori, crea la sua comfort zone tra le pagine, facendo cadere tutto su un personaggio che sa come salvarsi.

Ultima nota, Quarin ha deciso di auto-pubblicarsi e in un suo post di Facebook ne ha spiegato i motivi, che condivido, mettendo in evidenza le storture di un sistema editoriale che ormai predilige slogan e storie di facile consumo, senza mai avere il coraggio di osare, di andare contro quelle mode calate proprio dal mercato e colpevoli anche di tenere lontano dai libri tanti potenziali lettori. Insomma, un cane che si morde la coda a cui Quarin ha risposto con un tocco di arte.

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