Prosa dalle infinite possibilità. Una sadica enogastronomia

Prosa dalle infinite possibilità. Una sadica enogastronomia

Articolo e foto di Martino Ciano

Prestammo il collo alle bestie feroci, in un giorno qualsiasi di tanti anni fa, senza tenere conto del dopo e delle sue necessarie conseguenze. Seguendo gli scrupoli di coscienza ho ritrovato, tra fogli sui quali l’inchiostro si era sbiadito, parole che tiravano le somme sui meriti e sui demeriti. Ho notato che un tempo mi piaceva essere prosaico, tra ogni parola inserivo qualcosa di volgare. Mi piace credere che la mente sappia creare solo volgarità che giungono poi a qualcosa di aulico, come se le parole avessero il compito di pulire e ripulire questo sporco frasario di strada. Eppure, tutto ciò che non scuote non serve, non giunge al dunque. Un vaffanculo contiene a volte tutte le risposte.

La strada insegna, lo dicono tutti, e quando ti mischi con la quotidianità ti rendi conto che il bello della scrittura sta proprio nel poter raccontare così come la mente ti suggerisce, seguendo un ordine che ordine non è. Allora capisci che in poche battute descrivi situazioni che si ripetono e che si sono sempre verificate, tant’è che se ci ragioni un po’, comprendi che nessuna epoca è dolce, emancipata, costruttrice di speranza e nemmeno ha rappresentato tutte quelle cazzate che ci raccontano certi nostalgici. Queste quattro categorie dello spirito che dovrebbero dare alle società umane una costante liberazione, ossia Economia, Etica, Estetica e Logica, in fin dei conti limitano gli istinti; ché questo è il succo del discorso: bisogna limitare l’animalità presente nell’esemplare umano.

La lotta è stata e sempre sarà tra istinto e ragione. A prevalere sarà l’estinzione, ma questo è un altro discorso. Poi questa animalità si riversa in altro. Ad esempio, una società sessuofoba è in sé perversa e manichea, peccaminosa anche mentre mangia.

Quanta profondità di pensiero sta nel bambino che vuole vivere beato, senza far nulla, oziando nel suo gioco, anche se per lui giocare è qualcosa di serio, di così serio che se ne innamora, e se ne innamora così tanto che guai a chi lo disturba, e si concentra sul suo giocattolo fino ad alienarsi, finché non si annoia e passa ad altro, e quell’altra cosa la fa con la stessa serietà con cui ha portato avanti la faccenda precedente… mai si stanca. Quanto stanchi siamo invece noi uomini nati per delle giuste cause. Non sappiamo prenderci in giro, non riusciamo a mandarci a quel paese, abbiamo sempre bisogno di qualcuno che lo faccia per noi. Sì, mandiamoci a quel paese, diamoci il lusso di un vaffanculo liberatorio.

In un giorno qualsiasi, che potrebbe anche essere oggi, una donna anziana mi ha confidato che se tornasse giovane e arzilla se ne fregherebbe di certe buone maniere; si sarebbe data a qualsiasi spavalderia, che a furia di essere stata brava e comprensiva, tanto da stare zitta anche dopo gli schiaffi ricevuti dal marito, è arrivata alla vecchiaia senza neanche accorgersene, e siccome ha più di ottant’anni e troppi problemi di salute, tipo diabete, colesterolo alto, pressione fuori norma, trigliceridi eccitati, morirà allettata e senza aver goduto manco di uno spillo. Altro che belle storie da raccontare vicino al camino, in compagnia di un bicchiere di latte caldo, o sani principi delle antiche società rurali… di violenza nascosta e di certi sadismi che nessuno vuole raccontare è fatta la tradizione enogastronomica dei borghi; poi se volete la genuinità basta andare allo zoo, tra gli animali in gabbia.

Il mare è qui. La terra di mezzo, separata dal cielo, circondata dalla nebbia. Gli unici sorrisi sinceri sono quelli rischiarati dalla luce dell’alba.

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