Politika, ridiamo valore alla parola populismo

Articolo a cura di Gianfrancesco Caputo – Inedito

Il termine populismo nasce in occidente quale traduzione dalla lingua russa del movimento politico e intellettuale nato nel XIX secolo in terra slava; gli ideali a fondamento del movimento populista si richiamano ad un socialismo comunitarista e rurale in contrapposizione all’incalzante affermazione della morale individualistica occidentale.

Il populismo è inoltre riconducibile al People’s Party fondato nel 1892 negli Stati Uniti per contrastare le élites politico-finanziare che già allora cominciavano a consolidare il loro potere. Dunque, il significato politico da poter attribuire al termine populismo sembra essere carico di positività; una positiva ribellione delle masse contro una élite che si pone come obiettivo la destrutturazione dei diritti e delle libertà.

Tuttavia, il populismo e le sue ragioni sono oggetto di una sistematica denigrazione etica, proprio da parte di quelle élites politiche che occupano gli spazi democratici, trasformando le dinamiche tipicamente dialogiche connaturate alla democrazia, in dinamiche tecnocratiche legate ai circuiti del capitale finanziario e della globalizzazione mercatistica.

Il populismo, quindi, è la reazione alla decostruzione di un mondo di valori che ha una logica sociale e che assume la connotazione di una vera cultura politica, un fenomeno di politica trasversale che diventa concreta manifestazione storica. Il popolo assume una identificazione politica che pretende la conversione delle istanze democratiche di impronta egemonica e tecnocratica in istanze popolari di sfida alle élites.

Ecco dunque spiegato il motivo del martellante appello contro il populismo da parte delle élites dominanti: in funzione di contrasto e per rafforzare le istituzioni da esse dominate, creando un clima di allarme sociale ed economico al fine di anestetizzare gli slanci vitali dei dominati.

Le forze eterogenee che contribuiscono alla nascita del populismo sono il risultato di una aggregazione che assume su di sé le rivendicazioni popolari riempiendo di significato politico uno spazio vitale lasciato vuoto. Quindi, il populismo realizza la politicizzazione delle masse che anelano a forzare il sistema politico, costruendo l’identità collettiva di un popolo, ovvero, la totalità della società, che altrimenti risulterebbe un amorfo agglomerato di individui tale da negare la stessa esistenza della società.

Dunque, il populismo non ha alcuna affinità con l’anti-politica o, peggio ancora, con la demagogia cosiddetta populista che il circo mediatico istituzionale si affanna ad accreditare presso l’opinione pubblica; anzi, il populismo è un assumere consapevolezza dei rapporti di forza esistenti tra dominati e dominanti capace di rivolgere l’esistente a più umani orizzonti.

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