Pierluigi Serra. L’icona di ghiaccio. A&B Editrice
Recensione di Martino Ciano già pubblicato per Gli amanti dei libri
Si sviluppa come un vero e proprio reportage che racconta la storia di Giulio, commerciante torinese, che si trova catapultato nel mezzo di un traffico internazionale di diamanti senza che ne abbia mai preso parte. Ma questo di Pierluigi Serra è anche un romanzo che, per quanto prenda spunto da un fatto realmente accaduto, mette in primo piano l’amore. Sarà infatti Maria, la moglie di Giulio, che dovrà sbrogliare la matassa per riportare sano e salvo a casa suo marito.
Siamo alla fine degli anni Ottanta, l’Impero sovietico è agli sgoccioli. Giulio è a Mosca, all’aeroporto, pronto a partire, ma viene bloccato. Inizia così il suo calvario. Da subito capisce che è stato scelto come il capro sul quale espiare i peccati di uomini potenti che hanno le mani in pasta ovunque e che hanno sempre vissuto “al di là” della rigida divisione imposta dalla Cortina di ferro.
Il lettore farà i conti con un’altra pagina di quel libro non ancora scritto che, forse un giorno, raccoglierà tutti i fatti oscuri di una storia che ancora non può essere conosciuta. Non scopriamo nulla di nuovo, purtroppo; semplicemente troveremo conferma all’adagio che la storia è scritta dai vincitori, ed è soggetta a costanti manipolazioni che, per quanto si racconti, sono la faccia di una diplomazia segreta che nessuna convenzione o trattato o Società delle nazioni riuscirà mai a debellare.
Non è solo una mera questione di soldi o di interessi. Il libro di Pierluigi Serra affonda nel cuore del potere, quello in cui ogni uomo diventa pedina delle ragioni di Stato, e quello affetto dalla gravissima patologia del priapismo, che si manifesta in diplomatici senza scrupoli.
Chi è quindi Giulio? Parafrasando Agamben, è un uomo della nuda vita che abita in quello stato di eccezione che lo rende individuo sacrificabile. Dall’altra c’è Maria, colei che fa la storia, che rompe il circolo vizioso della ripetitività, ma che fa comunque parte di un ingranaggio, in quanto innesca quel processo di rigenerazione apparente che, come mostrò nel suo Il Gattopardo Giuseppe Tomasi di Lampedusa, cambia tutto con l’intento di non cambiare nulla.