Piattaforme digitali e produzione culturale. Democratizzazione? No, solo e sempre consumo

Piattaforme digitali e produzione culturale. Democratizzazione? No, solo e sempre consumo

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “Piattaforme digitali e produzione culturale” edito da Minimum Fax, 2022

Avrebbero dovuto dare forza al merito, alla libertà di espressione, all’autenticità e al riconoscimento delle proprie capacità; invece, ci hanno omologato, plasmato e addirittura influenzato nelle scelte e nelle nostre tendenze. Tale processo è avvenuto a tutti i livelli, ma a soffrirne di più è stata indubbiamente la produzione culturale. Benvenuti quindi nel mondo delle piattaforme digitali, quelle che usiamo tutti i giorni passivamente o attivamente, quelle che ci imbrigliano in dati, statistiche, consensi, manie di protagonismo e desideri di celebrità.

Attraverso questo saggio, Thomas Poell, David B. Nieborg e Brook Erin Duff ci svelano qualcosa in più, se non tutto, di un fenomeno di cui abbiamo sempre sospettato. Insomma, altro che democratizzazione o sogni di facile fama ed emancipazione; la realtà è che si entra facilmente in logiche monopolistiche, schiavi di interessi economici che sono tenuti in mano da pochissimi gruppi. Lobby che possono cambiare le regole del gioco da un momento all’altro, senza preavviso, influenzando fortemente i “produttori di cultura”.

Cambiano gli algoritmi e mutano le tendenze. Chi decide cosa sia degno o indegno di ricevere le nostre attenzioni, visto e considerato che proprio gli artisti, affidatisi completamente alla rete per la diffusione delle loro opere, devono inseguire i nuovi standard e, soprattutto, adeguarsi il più velocemente possibile? Ma non sono solo gli artisti a essere colpiti dal fenomeno, bensì anche i “giornalisti”. Tutto è a portata di click, ogni cosa può generare un pubblico, ma il problema è capire come e quando si genererà; e, anche nel momento in cui tutto si incastra alla perfezione, la difficoltà maggiore sarà quella di mantenere quel livello nel mezzo di regole che potrebbero essere stravolte da un momento all’altro.

Gli esempi che troveremo nel libro sono davvero tanti. I tre autori hanno effettuato uno studio dettagliato, mettendo in mostra le storture di un sistema che risponde alle regole del neo-capitalismo con la sua iperproduzione, con orari di lavoro spropositati, con la manipolazione del tempo libero in attività lavorativa, con la diminuzione del potere contrattuale degli “operai del settore”, con la falsa democratizzazione. Proprio a questo ultimo aspetto, ossia la falsa democratizzazione, vengono concesse molte pagine, in quanto se è vero che all’inizio del nuovo millennio internet era stato visto come luogo di liberazione, oggi il vero volto di certe logiche si è rivelato. 

Certamente, anche le piattaforme, parliamo di Google, Amazon, Facebook con tutte le loro app che accolgono contenuti culturali, in un primo momento si erano dimostrate “aperte”, accogliendo chiunque. Poi, una volta consolidatesi, l’idillio è finito ed è stata avviata una vera e propria “epurazione” di contenuti e di contributi, con tanto di discriminazioni.  Detto ciò, quelli che riescono a imporre il proprio potere sui social, a vivere di click, di inserzioni, di condivisioni, sono pochi e hanno dovuto perdere molto della loro autonomia e autenticità. 

Il quadro che ne viene fuori? Uno scenario in cui la grande rivoluzione che si era prospettata agli albori di internet viene fatta a pezzi, in cui gli algoritmi che governano le piattaforme appaiono fin troppo umani, anche nei loro pregiudizi; in cui la liberalizzazione dei costumi viene concessa fino a un certo punto, in favore di logiche commerciali; in cui le minoranze restano tali e vengono confinate, salvo qualche eccezione che viene poi sfruttata all’occorrenza per dare il via a una moda.

Insomma, in tutto questo grande spettacolo cosa resta della produzione culturale? La risposta è purtroppo semplice: un prodotto che si consuma voracemente.

 

 

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