Per chi si è venduto il mondo

Per chi si è venduto il mondo

Articolo e foto di Martino Ciano. Questo articolo è stato scritto ascoltando “The man who sold the world” di David Bowie

 

La sua forza sta nel fatto che non afferma, ma suggerisce. La terapia è terminata, ma la malattia è ancora lì. Mentre si accorcia il tempo a disposizione, tant’è che ogni giorno bisognerebbe festeggiare l’EsserCi, si dilata la durata dei minuti. Ogni respiro è una breccia nel muro del silenzio.

Ho accolto te come se fossi un telegramma. Un messaggio arriva, mentre un altro oltrepassa. È stato difficile mettere insieme i cocci, peggio ancora rimodellare qualcosa di ormai infranto. Parole scarabocchiate, codificazioni dell’ansia; più studio questa grafia, meno voglio tuffarmi tra le parole. Che disgrazia sognare un fiore arzillo nel mezzo delle macerie.

Un tramonto di terracotta mi schiaccia. Non è la fine del giorno, ma l’inizio della notte. Lottare per resistere. Basta cazzate, le labbra sono secche, gli occhi asciutti, le mani spaccate dal freddo, c’è poco sangue nelle vene. Una particella elementare mi solletica la fantasia, tutto è gravità. Gravi i gesti, gravi le parole, e gravitano le cose intorno a una stella fissa morente, seppur luccicante.

Tornò la luce a dire che le cose non erano più come prima, che fu e mai più sarà. Fugato ogni dubbio, la disamina della sensualità torna a noi in forma di sessualità politicamente corretta. Un cazzotto in faccia all’istintività come un sei politico. Ecco abbiamo detto tutto per mettere a tacere lo sproloquio del bel gesto.

Piantiamola con la barzelletta del Dio morto, questa dichiarazione è solo un compromesso con la storia, ma di storico ha solo l’intento, perché se si parte dall’uomo allora Dio non esiste. O si accetta la causa prima, o non si può considerare “origine del tutto” ciò che è stato effetto di qualcosa. È materialismo monco ogni discorso intorno all’ateismo, ma questo è un altro paradigma della contemporaneità. Ogni tesi è ben accetta, relativamente.

La sofferenza è la cosa che più ci avvicina a Dio. Così mi disse un prete. Non gli ho creduto ieri e continuo oggi a non essere d’accordo con la sua tesi. Lui appartiene alla cerchia di coloro che sanno parlare dell’inspiegabile, io invece mi affido alla non conoscenza, persino alle bestemmie. Non è un granché pensare, non produce soldi, al massimo querele e corto circuiti di opinioni.

Ora qualcosa mi trattiene. A questa forza che mi immobilizza non so dare un nome, salda corpo e anima, mi tiene compatto. Sono un solido che si muove per lo spazio e che si deteriora nel tempo. Anche questa è una grave conseguenza dell’essere in vita.

 

 

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