Il rumore rosso di quel settembre

Il rumore rosso di quel settembre

Articolo e foto di Daniela Grandinetti

Il 10 settembre 1979 mi trovavo a Firenze, il mio primo, memorabile, viaggio da sola. Non ero lì per lo stesso motivo che accomunava migliaia di giovani provenienti da tutta Italia: il concerto evento di Patti Smith al quale con rammarico non avrei preso parte. Ricordo le strade inondate da una folla variopinta, orde di giovani che bivaccavano nel salotto buono tra Piazza della Signoria e Ponte Vecchio. Bruciava la sensazione che avrei mancato un’occasione unica e irrepetibile. Ed è stato così.

La storia dei due storici concerti di Patti Smith in quell’anno in Italia, a Bologna e a Firenze, così come ci viene consegnata da Goffredo Plastino nel suo Rumore rosso (edito da il Saggiatore) ricostruisce un intreccio che a distanza di più di quarant’anni ha dato una visione nuova a quella giovane diciottenne innamorata della politica e della musica: ho letto “la” storia con l’entusiasmo di allora e la consapevolezza di oggi. Su Il Venerdì di Repubblica in una delle tante recensioni uscite per questo saggio, a firma di Alberto Piccinini si dice che quello “fu molto più di un concerto: politica, cultura e immaginario ebbero in quei giorni di settembre l’ultimo giro di danza di un’epoca e il primo di un’epoca nuova.”

Siamo in un momento topico della storia di quegli anni: non si era spento l’eco dell’assassinio di Aldo Moro e il 1997 aveva segnato la rottura tra il PCI e la sinistra extraparlamentare. Quell’anno Lama, segretario della CGIL, deve abbandonare l’aula della Sapienza in mezzo ai fischi e alle proteste e subito dopo il sindaco comunista di Bologna, Renato Zangheri, prende l’audace decisione di inviare carri armati in via Zamboni, centro universitario della città, per porre fine ai disordini seguiti alla morte di Francesco Lorusso, studente di Lotta Continua ucciso da un colpo di pistola sparato da un carabiniere di leva.

Goffredo Plastino – musicologo presso la Newcastle University – ricostruisce con minuzia di particolari il dibattito di quel momento (sostenuto da un corposo apparato di note) che vedeva un PCI che volle organizzare i due eventi per riagganciare consensi perduti nei movimenti, nonostante le dichiarate diffidenze di esponenti di punta e intellettuali storici nei confronti del rock. Dall’altro con quei concerti c’è il ritorno in Italia della musica dal vivo che inaugurò la stagione dei grandi concerti a pagamento negli stadi cui ancora oggi si assiste.

Quei due storici concerti, organizzati dall’ARCI, ebbero un incasso di 150 milioni, una cifra abbastanza modesta, che andarono tra PCI, Arci e Patti Smith, per il valore di un biglietto di 3.000 lire, ma come succedeva allora dopo l’inizio del concerto furono aperti i cancelli anche ai non paganti, tant’è che non esistono stime certe di quanti effettivamente parteciparono sia a Bologna che a Firenze.

Patti Smith cantò, entusiasmò e deluse: la sacerdotessa del rock urbano, la poetessa di New York, l’icona in Italia della musica rock in quel momento, a metà concerto intonò versi per Papa Luciani (aveva per lui una vera e propria venerazione, il Papa che ride, lo definì nelle interviste) e a coloro che la volevano a sostegno dei movimenti in un periodo “caldo” di scontri, lei rispose con la bandiera americana e l’esecuzione dell’inno americano alla fine dei concerti “Io sono un’artista americana, non so nulla della politica italiana, sono cristiana e non comunista”. Dichiarò. Cori e lanci di oggetti e zolle di terra furono il tumulto che accompagnò l’esibizione nei concerti.

All’autore “va il merito di aver ricomposto, attraverso il recupero di frammenti e documenti (articoli di quotidiani, di periodici e fanzine, oltre a una grande quantità di fogli volanti pubblicati tra le pagine del libro), una vicenda non banale, anzi eloquente, rivelatrice, quella dell’entusiasmo, dell’innamoramento e poi dell’incomprensione e dell’odio che migliaia di giovani italiani provarono per Patti Smith”. (Ivan Carozzi su Esquire)

Ancora oggi sono molti quelli che dicono “io c’ero”, ma quella che potrebbe apparire un pezzo di storia della musica (e della storia della musica dal vivo in Italia) leggendo Rumore Rosso si comprende fu molto di più: forse un pezzo della nostra storia con la quale, nel bene e nel male, non abbiamo mai fatto pace veramente,

Riporto da pagina 18

“Una storia aperta:

A Bologna e a Firenze vanno in scena non solo un gruppo di musicisti e una cantante rock, ma anche uno scontro tra l’egemonia politica e culturale. Non è la sola contrapposizione di quei giorni. Patti si trova di fatto al centro di molteplici contrasti. Simbolici: tra movimento, Autonomia, PCI e FGCI su ciò che lei rappresenta. Politici: tra PCI, FGCI, movimento e Autonomia sull’organizzazione di concerti; tra il PCI, il Partito Socialista Italiano, la Democrazia Cristiana e la destra sulla gestione dei concerti, dei luoghi nei quali si sono svolti e sul loro successo. Economici: tra il PCI, le sue associazioni di riferimento, l’impresario musicale e il pubblico del circuito alternativo della musica dal vivo sull’allestimento e la conduzione dei concerti, sulle loro spese, sul profitto per il management e sul suo compenso. Musicali e artistici: tra gruppi diversi di fan e ascoltatori sul rapporto tra Patti e determinati generi musicali, sui suoi successi recenti. Culturali e sociali: sul significato dei sue spettacoli per la società italiana, sulla partecipazione e il comportamento dei giovani, sull’esibita religiosità di Patti.

Si tratta di eventi complessi, fluidi, che determinano comportamenti reali mutevoli, dinamici. Si può andare al concerto di Bologna nonostante si sia contrari alla sua gestione da parte del PCI e manifestando in molti modi questa opposizione (rifiutando di pagare il biglietto, entrando allo stadio dopo aver sfondato gli ingressi), apprezzare Patti per le sue canzoni del passato e contestarla rumorosamente per le ultime, reagire contro l’organizzazione per le carenze tecniche, manifestare il proprio dissenso politico contro di lei per ciò che sta interpretando sul palco.

Per ricostruire la complessità, la multidimensionalità di questi eventi musicali dal vivo, per provare a capire cosa è successo durante quelle giornate di settembre del 1979, si può raccontare una storia aperta a una pluralità di storie personali e collettive, di voci, di immagini, di fonti: la storia non lineare di un passato non interamente raffigurabile, di una vicenda italiana di ieri che risuona ancora oggi e che va narrata ripartendo dall’inizio.”

Goffredo Plastino ce la racconta egregiamente, anche attraverso un ricco apparato di immagini, in un saggio di grande pregio che ho “divorato”, un’”opera mondo” come l’ha definita Paolo Morando su Domani.

Patti Smith: «Se mi capita di camminare per strada, in Italia, c’è sempre qualcuno che mi si avvicina, e può essere un cuoco o un rappresentante del governo, e mi dice: Patti, io ero a Bologna. Sembra che tutta Italia, quella sera, fosse a Bologna…».

E l’autore: «In un certo senso è proprio così: c’eravamo tutti e ci siamo ancora, continuiamo ad ascoltare il rumore rosso di quei giorni, di quegli anni»

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