Fight Club. Chuck Palahniuk e l’Io represso

Fight Club. Chuck Palahniuk e l’Io represso

Recensione di Martino Ciano – già pubblicata su Zona di Disagio

Fight Club conserva un nichilismo d’avanguardia. Bisogna scendere nei particolari per capirlo fino in fondo. Non è un libro per anime sensibili o suscettibili. Quest’opera pubblicata nel 1996 sembra uno Zibaldone del caos.

Un anonimo narratore racconta del suo incontro con Tyler Durden, un messia che ama il sangue, la violenza, la morte e la perversione. Durden è privo di emozioni positive, tutto il suo pensiero è costellato da sentimenti di annullamento. Egli è la quintessenza dell’autodistruzione. Non cerca redenzione o approvazione, ma si ribella al mondo moderno. Diventa violento e spregevole davanti ai ricchi e ai magnati; induce alla violenza impiegati, borghesi, uomini di ogni classe sociale in cerca di riscatto e di evasione.

La violenza, il sangue, l’annientamento sono i nuovi medium linguistici. Ogni parola, gesto o intenzione diventano forme di dissenso verso la contemporaneità. Durden ha capito questo meccanismo e lascia entrare tutti nel suo inferno, nel grembo che custodisce le sue elucubrazioni.

Le persone che stai cercando di calpestare, sono quelle le persone da cui dipendi tu. Noi siamo le persone che laviamo i tuoi vestiti e cuciniamo i tuoi pasti e te li serviamo a tavola. Noi ti facciamo il letto. Noi ti proteggiamo mentre dormi. Noi guidiamo le ambulanze. Noi smistiamo le tue telefonate. Noi siamo cuochi e tassisti e sappiamo tutto di te. Noi esaminiamo le tue richieste di indennizzo alle compagnie d’assicurazione e gli addebiti sulla tua carta di credito. Noi controlliamo ogni spicchio della tua vita. Noi siamo i figli di mezzo della storia, cresciuti dalla televisione a credere che un giorno saremo milionari e divi del cinema e rockstar, ma non andrà così. E stiamo or ora cominciando a capire questo fatto.

Di qui nascono i Fight Club, luoghi di incontro dove la gente si picchia senza uccidersi, ma per il solo piacere di portare sul corpo ferite e cicatrici. Dalla violenza insensata, che ha lo scopo di riabilitare gli istinti primordiali, nasce il Progetto Caos, che vuole riportare tutto all’anno zero.

Ma chi è Tyler Durden? È una proiezione dell’anonimo protagonista. Quell’io narrante che racconta le sue vicissitudini senza sapere dove si trova e in quale tempo agisce. È un individuo che soffre di insonnia, in preda a una fuga psicogena; che si addormenta all’improvviso lasciando a Durden l’ultima parola. È un uomo represso che odia perché ha tanto amato. Vuole ribellarsi ma non ci riesce fino in fondo. È inetto, pusillanime, seguace delle regole… un bravo americano. Incarna la ribellione verso il padre che l’ha abbandonato in tenera età. E non è un caso che proprio Durden gli ricordi che nei Fight Club ci sono solo uomini allevati da donne. Così vediamo apparire uno scontro tra sessi. Donne che si sentono maschi e maschi che svendono la propria virilità.

Se sei maschio e sei cristiano e vivi in America, tuo padre è il tuo modello di Dio. E se non hai mai conosciuto tuo padre, se tuo padre prende il largo e muore o non è mai a casa, che idea ti fai di Dio? La fine che fai è passare la vita a cercare un padre e Dio. Quello che devi considerare è la possibilità che a Dio tu non sia simpatico. Potrebbe essere che Dio ti odi. Non è la cosa peggiore che ti può capitare. L’odio di Dio è meglio della sua indifferenza. Se tu potessi essere o il peggior nemico di Dio o niente di niente, che cosa sceglieresti? Noi siamo i figli di mezzo di Dio senza un posto speciale nella storia e senza speciale attenzione. Se non otteniamo l’attenzione di Dio non abbiamo speranza di dannazione o redenzione. Che cos’è peggio, l’inferno o niente?

Il complesso americano della predestinazione è rappresentato in poche semplici righe. Se anche Dio è indifferente verso le sue creature, la violenza diventa un modo per attirare l’attenzione divina. Essere comuni cittadini equivale a non essere. Nella società individualista ognuno vuole diventare centro del mondo. Una condizione impossibile da raggiungere, proprio per questo motivo ogni uomo diventa vittima della società dello spettacolo.

Ma tutto quello che l’io narrante ci racconta esiste o è solo un’illusione? Egli è davvero un uomo libero o è un pazzo rinchiuso in manicomio?

Fight Club è un sogno nel sogno. Tanto più ci sembra di navigare nella realtà, tanto più attraversiamo una dimensione onirica in cui ogni linguaggio si manifesta nella sua accezione negativa. È come guardarsi in uno specchio che riflette solo la nostra parte malvagia. Le azioni di Durden si ripercuotono sull’anonimo narratore nello stesso modo in cui gli effetti delle azioni di Dorian Gray si manifestavano sul suo ritratto. Anche in Fight Club, una volta spentasi nell’anonimo narratore l’ultima illusione di poter controllare Durden non rimarrà che una sola strada.

Ma attenzione, per quanto possa sembrarvi ovvio il finale del libro non è quello che pensate voi. La società dello spettacolo ha sempre un asso nella manica e anche se i protagonisti muoiono lo show deve continuare.

Post correlati