Oltre l’oceano. Benedicta Felice e lo “stupore” della pazienza
Recensione di Martino Ciano
Come una fiaba, ma anche no. D’altronde, come ci dice Benedicta Felice, autrice del romanzo, la realtà ispira, la fantasia elabora e nel mezzo stanno esperienze personali, emozioni e interpretazioni che ricadono nei personaggi.
“Oltre l’oceano” è il primo romanzo della scrittrice tortorese, edito a due anni di distanza dalla raccolta di poesie “Riflessi di luce”, pubblicata invece nel 2021. Al centro della storia Ashley, immersa nella caotica New York. Una città che simboleggia tanto il caos incontrollabile, quanto uno scrigno di opportunità, vere o presunte che siano, che possono cambiare la vita di chiunque da un momento all’altro.
Il vero burattinaio che dirige i fili della storia ai quali sono legati i personaggi, però, è un orecchino che la giovane donna acquista per fare bella figura durante un colloquio di lavoro. Una sorta di portafortuna che, una volta perso, danzerà di mano in mano per creare un intreccio tutto da scoprire. Non è solo Ashley, quindi, a dare forza alle pagine di questo romanzo; lei sarà solo il punto intorno al quale tutto ruoterà, diventando una sorta di eterno ritorno che ha il sapore della favola, con quella “morale” che lascia al lettore libera interpretazione.
La timida Ashley è comunque caparbia; non si arrende neanche davanti all’evidenza ed è qui che entra in gioco quella componente “magica” che non risolve i problemi, ma ne svela la reale natura, quasi fosse una forza illuminante. Il tema del romanzo è chiaro fin dalle prime battute: a volte è necessario “attendere” che tutto faccia il proprio corso; solo alla fine di un accidentato tragitto, le cose tornano a noi meglio di prima.
Ashley è invece impaziente, prova a chiudersi anche in un controproducente vittimismo; solo l’amore per i suoi sogni e per la vita la distrarranno e, forse, la guariranno. “Oltre l’oceano” è quindi metafora sulla conoscenza dei propri limiti e, soprattutto, sulla pazienza che bisogna impiegare per superarli e per accettarli. Solo così, ognuno di noi trova il proprio posto nel mondo.