La notte porta consiglio

La notte porta consiglio

Articolo di Martino Ciano. Foto in copertina di Pina Labanca

Tu ricordi quando il tempo si è fermato? Boccheggiava in cerca di ossigeno, mentre intorno pioveva aceto. Prendeva vita il tremore delle ossa, l’infarto della ragione, un travaso di bile che ti ingannava con un sapore di fragola che si fissava sul palato. Chi aspettavi in una sera di disprezzo, mentre alle tue spalle era gioia e in una casa la luce soffusa della lampada illuminava il salotto dei giochi dell’amore ansioso?

Eri in un bar, fuori il vento spazzava via i sogni, una dama vestita di colori vivaci, così shocking da bucarti gli occhi, da illuderti con visioni serene… un bambino tenuto per mano da una madre con il sorriso da Monna Lisa… ti salutò, ma tu non ricordasti il suo nome, ché di giorno è facile giocare a nascondino, mentre di notte si corre a fare “tana libera tutti”, anche se non ci si libera della sensazione di farsi fuori, fuori da ogni libertà che ammanetta e conduce in un carcere infinito, ché la libertà è una condanna all’esistere e di essere qualcosa o qualcuno mai si smette.

Notte di madri piangenti, appese alla speranza di una croce. Assisti adesso a una processione di Madonne svogliate, che imprecano contro lo Spirito del Dio ingordo, al quale chiedono la resurrezione dei figli strappati alla vita dalle calamità del destino. E tu quale destino vuoi? Ora che ti riconosci figlio allevato secondo il buon principio, il bon ton che non ammette anarchiche deflagrazioni, hai compreso che non ti è permesso di ridere del fato. Si nasce liberi e puri, si muore porci… una coltellata alla gola faceva fuoriuscire il sangue del maiale appeso a testa in giù. Mentre intorno era festa, tu trattenevi le lacrime sorridendo, perché il terrore non si mostra del tutto, ma si assapora, si ingoia, si digerisce, si assorbe e solo così ti fa uomo…

Leggi e rileggi questa prosa, non c’è parola che sappia occluderti l’anima. Scriveresti per mille giorni, forse per infiniti secondi. Solo una linea hai tracciato nella coscienza: la notte. La parola fine si scrive dopo un lungo pentimento, ma ancora non hai voglia di pentirti.

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