Non nasci madre

Non nasci madre

Articolo di Adriana Sabato

Non nasci madre, lo diventi… è un cammino, una specie di prova del fuoco. Strano però, dal momento che il medioevo è trascorso da un po’…
Tutto in salita, nessuno ti aiuta Sei obbligata ad esserlo, madre, e la perfetta madre che fa? Allatta il suo piccolo o la sua piccola. Se non accade allora sei una madre a metà. E giù a bere latte e brodo e liquidi vari. Come a doversi drenare per scontare una pena. Lo stomaco soffre e la nausea ti assale.
“È arrivata la montata lattea?”
“No, niente”…ed io mi sento annientata.
“eh ma allora!”
“Allora che?”
Le mie voci di dentro urlano, vorrebbero scoppiare e inondare di vomito quella brutta, bruttissima faccia che mi giudica con lo sguardo da improvvisato carnefice, da mente superiore, da madre e donna perfetta!
“Non lo sono perfetta, io”, mi verrebbe da dire. Ma non lo dico, ‘che poi questa qua si potrebbe pure offendere e farmela pagare. Magari infilando l’ago in vena in maniera maldestra, procurando e aggiungendo dolore al dolore.
Procurandomi lividi su lividi. Con i punti che ancora stringono forte la parte bassa del mio addome. Ma dove siamo, sul ring? “Avanti, avanti…Si accettano scommesse”.
E poi, “oh, com’è bella! La bambina è proprio bella, le abbiamo portato un piccolo regalo”.
“Grazie, ma io? Io non esisto? Lo so, sono brutta, ho appena subìto un cesareo, e quindi dal parrucchiere e dall’estetista proprio no, direi che non è il caso, però, ci sono, esisto lo stesso anche tutta scompigliata e stravolta. Presente, sono qua e sono viva! Non riesco ad allattare e non riesco manco a bere latte: sono intollerante e quando lo bevo mi viene la nausea.
La notte mi sveglio, sperando di riuscire ad allattare mia figlia. Ma lei vuole dormire e scambiando il mio capezzolo per un ciuccio, lo afferra e lo stringe senza farmi male – almeno questo, per fortuna – e così, continua la sua dolce nanna accanto a me! Almeno lei non si lamenta e non mi manda ancora a quel paese!
Così per una settimana. Una solfa che non trova fine. Una tiritera senza soluzione: io sono un disturbo per il personale. Poi, arrivano i dottori a rimuovere i punti. E lì che scatta una molla e le lacrime inondano il mio viso. “Dottore, come faccio, non riesco ad allattare. Mi sento così male. Come crescerà mia figlia, senza il mio latte?”
“Signora, ma di cosa si preoccupa? Io ho due figli grandi. Anche loro hanno bevuto solo latte artificiale. Oggi sono stimati professionisti…Stia tranquilla, il latte artificiale assolve benissimo il suo compito!”
Anche il pediatra che visita mia figlia, mi rassicura dicendo: tranquilla, calma, pensi solo a riprendersi dal parto cesareo, che comunque è un intervento chirurgico e la sua fibra, il suo corpo ha bisogno dei suoi tempi per riprendersi al meglio. Per tutto il resto ci sono i membri del personale sanitario”.
Peccato però, proprio alcuni di loro – non tutti, in verità esistono coloro che ancora lavorano con passione – mi avevano riempito le orecchie di quelli che non erano consigli, ma semplici lamentele e frustrazioni lanciate come frecce addosso al primo malcapitato paziente. Da una parte.
Dall’altra, il freddo mutismo… Brutta bestia, il silenzio! Lascia spazio a mille pensieri: dalla freddezza emotiva, alla mancanza di umana comprensione, a quella specie di indifferenza che non fa che generare tristezza e a volte anche odio. È una specie di giudizio silenzioso: “sei pazza! Sì, sei pazza e dici cose da pazzi, inventi scuse per non fare il tuo mestiere di madre”
Ma non nasci madre, lo diventi. E pretendere la perfezione in merito ad un compito che si apprende solo strada facendo, quello, quello sì che è pazzesco!

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