Annie Ernaux. Un premio Nobel che è “solo” una conferma

Annie Ernaux. Un premio Nobel che è “solo” una conferma

Articolo di Letizia Falzone

“Per il coraggio e l’acutezza clinica con cui ha svelato le radici, gli straniamenti e i vincoli collettivi della memoria personale”. Con queste parole l’Accademia Svedese ha motivato la scelta di destinare il Premio Nobel per la Letteratura 2022, ad Annie Ernaux. Per il suo pubblico era già un’icona e questo premio non fa altro che confermare il fatto di essere una scrittrice eccezionale.

Delicata, con una classe innata, usa il linguaggio come “un coltello”, come lo chiama lei, per squarciare i veli dell’immaginazione. Nei suoi libri la troviamo tornare indietro nel tempo e nella memoria ai 18 anni, poi a 25 anni, al suo essere moglie, madre, donna, alla maturità in un riavvolgersi e srotolarsi di avvenimenti. Ha raccontato la scoperta del sesso, l’amore, l’aborto clandestino, la vergogna, le disuguaglianze tra uomini e donne, i disturbi alimentari, la bulimia in romanzi diventati culto. I temi sono quelli comuni a ogni esistenza, se non quotidiani, ma in questo processo che è insieme di elaborazione e scrittura illuminano quanto di smisurato e gigantesco vi sia nella singola esistenza di ognuno di noi, quanto profondo possa essere l’influsso delle intemperie della Storia, quanto grandi possano essere le scelte di ogni vita per arrivare a ciò che siamo ora e quanto viene richiesto a ognuno di noi per essere ciò che è.

Rifiutando le tradizionali etichette di autobiografia e di romanzo (per suo volere, sui suoi libri non compare nessuna definizione di genere letterario), Annie Ernaux è andata alla ricerca delle proprie origini, leggendo, descrivendo, rallentando gli eventi più importanti e significativi della sua vita non per produrne un racconto o per conservare memoria di ciò che è stato, ma per “trattare quelle stesse immagini come documenti”. L’autrice francese è capostipite dell’autofiction. Si tratta di quel genere letterario che usa il proprio io e la propria vita come chiave per affrontare questioni come la famiglia, la violenza, gli affetti e che si racconta con una disarmante onestà. Ed Ernaux lo fa in maniera molto profonda. Ciò che racconta, infatti, nei suoi libri, è esattamente quello che ha vissuto, il ricordo e la scrittura sono legate in maniera indissolubile, senza nascondere mai che l’io dei suoi libri coincide quasi completamente con se stessa.

Una scrittura che procede per sottrazione, che incede nella necessità di ogni passo, di ogni parola, che anela a una semplicità che tale non è perché si rivela purezza. Gli eventi di cui è costellata ogni esistenza appaiono allora sotto un’altra luce: fare esperienza della vita, comprendere, elaborare e andare avanti per tornare a fare esperienza, e così via. Ma quando tutto questo diventa Letteratura? Quando quell’io diventa un noi e quando è la scelta di una donna nell’esperienza stessa della scrittura che permette tutto questo.

Per Ernaux la scrittura è questione di vita o di morte, l’unica differenza tra esserci e sparire, tra il ricordo e l’oblio: “Spesso sono attraversata dal pensiero che alla fine del libro potrei morire. Non so cosa significhi, la paura della pubblicazione o un senso di adempimento. Non invidio chi scrive senza pensare che, dopo, potrebbe morire.”

Coraggiosa, come dice la motivazione del premio, sicuramente lo è stata: per come ha messo a nudo la sua vita, per come ha raccontato il suo senso di colpa rispetto alla famiglia, per come ha raccontato i suoi cari con amore ma senza edulcorare. I genitori da operai aprono, in provincia, una piccola attività, lontani anni luce dalla vita intellettuale che Annie conduce. Romanzo dopo romanzo ci ha condotto ad esplorare il suo animo, le sue angosce e le sue aspirazioni più profonde. Lo fa quando parla del padre e della madre e del rapporto che avevano. Lo fa quando parla della morte della madre, dell’amore che la legava a lei e dei sensi di colpa che non la hanno mai abbandonata. Lo fa quando racconta l’aborto in una Francia in cui era vietato. Una storia singola che per questa capacità di andare a fondo, di analizzare le pieghe della memoria e del dolore, costruisce una sorta di romanzo collettivo in cui più generazioni di donne si possono riconoscere. Ma è nello stile, in questa grande fiducia nella letteratura, che Ernaux trova il proprio riscatto. La parola per quanto approssimativa, per quanto sempre alla ricerca di una nuova prospettiva è l’unica possibilità che si ha di uscire dall’indistinto, di costruire passo dopo passo, capoverso dopo capoverso una narrazione che racchiuda anche la grande storia.

È per questo che il suo Nobel risuona nelle anime di tanti, è per questo che nel suo Nobel risuonano le voci di tutti quelli che il tempo avrebbe fatto sparire, senza che avessero nemmeno il tempo di esistere. Noi, allora, le siamo grati per aver avvicinato donne a donne, donne a uomini, esseri umani a esseri umani grazie a quel capolavoro che resta un unico, interminabile racconto.

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