Ninna nanna della guerra. Tra ieri e oggi

Articolo di Gattonero

Sono passati cento e passa anni da quando Trilussa, con lo scoppio della Prima Guerra mondiale, ha scritto questa poesia; e sembra ieri. Ma non un ‘ieri’ inteso come un ‘allora’: un ieri chiaramente visivo, un ieri che è più che mai il giorno prima di oggi, che a sua volta sarà l’ieri di domani. Il Poeta, scrivendola, probabilmente pensava al vissuto del momento, forse non immaginava che alla Prima ne sarebbe seguita una Seconda, che peraltro ha avuto modo di vivere, constatando che alla pazzia del genere umano non c’è limite.

E sicuramente non aveva pensato che il detto “non c’è due senza tre” avrebbe potuto essere completato settant’anni dopo la sua scomparsa. Oggi, forse, non si arriverà a tanto, quasi tutto il mondo lo spera, però ci stiamo avvicinando a quel traguardo di non ritorno già profetizzato da Einstein, quando avvisava che dopo una Terza guerra mondiale i combattimenti tra i sopravvissuti avverrebbero con clave e frecce.

La poesia è scritta in un romanesco addolcito, comprensibile, e in chiaro italiano nelle parti più incisive. Anche i sovrani direttamente citati (Gujermone e Cecco Peppe, rispettivamente Guglielmo II di Germania e Francesco Giuseppe I d’Austria) riportano direttamente a un periodo storico che ci ha visto parte in causa. La follia di questi personaggi non è paragonabile alla pazzia in seguito esplosa col nazismo, nel suo personaggio più noto e nei suoi degni compari.

Oggi sembra tutto una riscrittura di quanto già vissuto, con un ristretto gruppo di pazzoidi che tengono il mondo in pugno e che fanno dei popoli semplici animali da consumare, ovvero carne da macello. Oggi, come allora.

Sono contrario alla pena di morte, ma ci sono occasioni eccezionali, diciamo ogni 75 anni circa che dal cuore mi sale un beneaugurante “RiP, finalmente!”, anche senza la necessità che sia un vero augurio di riposo tranquillo e sereno; che sia, perlomeno, eterno.

Ninna nanna della guerra (Trilussa 1914)

Ninna nanna, nanna ninna,
er pupetto vò la zinna,
dormi dormi, cocco bello,
se no chiamo Farfarello,
Farfarello e Gujermone
che se mette a pecorone
Gujermone e Cecco Peppe
che s’aregge co’ le zeppe:

co’ le zeppe de un impero mezzo giallo e mezzo nero; ninna nanna, pija sonno, che se dormi nun vedrai tante infamie e tanti guai che succedeno ner monno, fra le spade e li fucili de li popoli civili. Ninna nanna, tu nun senti li sospiri e li lamenti de la gente che se scanna per un matto che comanna, che se scanna e che s’ammazza a vantaggio de la razza, o a vantaggio de una fede, per un Dio che nun se vede, ma che serve da riparo ar sovrano macellaro; che quer covo d’assassini che c’insanguina la tera sa benone che la guera è un gran giro de quatrini che prepara le risorse pe li ladri de le borse. Fa la ninna, cocco bello, finché dura ‘sto macello, fa la ninna, che domani rivedremo li sovrani che se scambieno la stima, boni amichi come prima; so’ cuggini, e fra parenti nun se fanno complimenti! Torneranno più cordiali li rapporti personali e, riuniti infra de loro, senza l’ombra de un rimorso, ce faranno un ber discorso su la pace e sur lavoro pe’ quer popolo cojone risparmiato dar cannone.

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