Niente fiori sulle tombe

Di Antonio Maria Porretti

No, non si dovrebbero mai portare fiori sulle tombe: ecco, finalmente l’ho detto! Si parla tanto di ecologia, salvaguardia dell’ambiente, e poi?

I cimiteri son già fin troppo pieni di morti, non hanno bisogno che sventurate legioni di inflorescenze recise finiscano ammassate e lasciate marcire davanti a loculi, lapidi, cappelle… Quest’ultime per chi ha goduto di una certa dose di fortuna nella vita, sia ben chiaro, oppure ha avuto perlomeno il privilegio di morire bene, non so, dipende, non riesco mai a decidermi su questo punto…sarà che ne ho viste troppe! Mi deprime la visione di quei poveri vegetali accartocciati e strangolati dentro quelle corolle di carta crespa o velina, con dei colori a volte così improbabili e fasulli! Il gusto di certi fioristi è a dir poco abominevole, e ancor più abominevole è sottoporre quelle innocenti creaturine a una tale agonia.

La verità è che ormai non vi è più igiene al mondo; nemmeno nella morte. Per forza che poi all’improvviso, una guerricciola là, una pandemia qua cerchino di fare un minimo di ordine e pulizia. Anche se non è detto che vi riescano sempre, perché diciamolo una buona volta in tutta tranquillità e franchezza, siete pervasi di un tale spirito nostalgico verso les belles époques in cui vi siete sollazzati in passato, da esserne totalmente asserviti e dipendenti, tutto qui. E non provate a contraddirmi perché io c’ero e vi ho visti all’opera, abbiate almeno la dignità di non negarlo, vi siete profusi senza risparmio. Potete star certi che io vi seguo sempre con estremo interesse.

Ma sto divagando, mi capita spesso quando si sfiora l’argomento, dopo tutto ho anch’io le mie piccole debolezze, c’est la vie!

A ogni modo, potreste evitarli i fiori sulle tombe, i morti di certo non se li godono, non sanno neanche che sono lì, figuriamoci il resto! Ve ne sono addirittura di quelli che non sanno nemmeno come ci sono arrivati fin lì. Tipo le vittime di violenze domestiche, giusto per dirne una, sì, proprio quelle trucidate come neppure i più efferati assassini di “CRIMINAL MINDS” riuscirebbero a fare, le stesse che magari incrociavate sul pianerottolo di casa, ma che voi per ossequio al culto delle tre scimmiette ignoravate; oppure i coetanei tormentati fino all’ultimo spasimo dai vostri beneamati pargoli che tanto gentili e belli non sono, checché ne diciate e proclamiate a tamburello battente. Ecco, almeno in questi casi, evitate di portarli i fiori sulle tombe, perché sarebbe un’offesa che quei morti non meritano. Evitate le standing ovation sui sagrati delle chiese all’uscita di quelle bare, o non vi bastano le vostre ola negli stadi? Non serve a niente pensarci dopo, dovevate farlo prima. Regalateli a qualche persona viva i fiori, avete l’imbarazzo della scelta a partire da voi stessi. Ve lo dico in nome di coloro che io rappresento, sono io ormai la loro voce, la loro unica testimone e testimonianza della loro presenza in e sotto la terra.

E consentitemi di aggiungere e suggerirvi quest’altro consiglio di manutenzione, o se preferite di farvi questa confidenza: io non so che farmene dei vostri abbellimenti, e tanto meno di tutti quegli orpelli che seguitate ad affibbiarmi. Io sono del tutto disinteressata e recidiva a qualunque trattamento di remise en forme o cura di bellezza intendiate propormi. Sono snella di natura, molto più dei vostri standard in auge, oserei dire scheletrica. E tale resto. Non metto su un grammo neppure con le tonnellate di carne e ossa che mi costringete a ingurgitare ogni giorno. E se proprio desiderate tanto fare qualcosa per me, ve lo indico io stessa senza alcuna esitazione: io vorrei essere lasciata in pace una volta ogni tanto, per potermi concedere una breve vacanza. Ne avrei tanto bisogno!

*Antonio Maria Porretti, attore di fame e non di fama, con una passione insaziabile e smodata per la precarietà. Avrebbe in animo di ritornare presto  – come faceva prima che Nostra Signora Pandemia giungesse a sovvertire anche il suo destino – a fare la spola tra l’Italia e Parigi. Nel frattempo legge (tanto) e cerca di scrivere persino qualcosa.

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