Nessuno sa di noi. Simona Sparaco e la difficoltà di scegliere
Recensione di Letizia Falzone
Luce e Pietro sono felici. Dopo aver cercato per anni un bambino, Luce rimane finalmente incinta. Per Lorenzo hanno già preparato tutto: corredino, cameretta e un immenso amore. Ma l’amore a volte non basta ad arginare ciò che non è prevedibile, alla 29esima settimana scopre che il suo tanto desiderato Lorenzo ha una malformazione genetica che non dà speranze, la displasia scheletrica.
Luce, sconvolta, non sa prendere una decisione; l’istinto la spingerebbe ad andare avanti, a proteggere la sua creatura contro tutto e contro tutti. Ma Pietro è di un altro parere: come potrebbe vivere un bimbo le cui ossa non sono in grado di crescere? Con quali prospettive? Quali sofferenze?
Pietro cattolico praticante e Luce atea, si trovano di fronte ad un dilemma che li tormenta: le leggi italiane non danno scelta. Al settimo mese un aborto terapeutico non è consentito e così Luce e Pietro si recano a Londra per sentire l’ennesimo consulto e per avere la possibilità di decidere se mettere al mondo Lorenzo, oppure evitargli un tale dolore.
Nell’istante di quella scelta inizia la discesa agli inferi. Con tutti i risvolti psicologici che una scelta di questo tipo può comportare e che si ripercuotono nei mesi successivi. Sono precipitati e hanno dovuto scegliere per Lorenzo, troppo debole per vivere, ma anche troppo potente per morire.
“Nessuno sa di noi” è un libro dal forte impatto emotivo, in cui al lettore non viene risparmiato nulla. La Sparaco descrive magistralmente un iter che si dipana tra esami, consulti medici e freddi ambulatori. Un calvario fatto di ansie, dubbi, sensi di colpa, solitudine, impotenza, rassegnazione, disperazione, depressione.
Luce e Pietro vengono duramente messi alla prova, la loro esistenza non sarà più quella di prima: dovranno affrontare un periodo di profonda crisi e di incomunicabilità, proveranno il desiderio di fuggire, saranno sopraffatti dall’odio per chi il sogno di avere un figlio lo ha realizzato senza fatica, proveranno rabbia verso chi, con superficialità, si permette di giudicare senza sapere.
Il lettore segue un percorso che si snoda attraverso tutti i dubbi, le ricerche di conferme, ma soprattutto di smentite, la ricerca di soluzioni, il dramma della scelta. Questa giovane mamma che vuole recintare l’assurdo, per domarlo, per renderlo più familiare, per trovare la strada di superarlo. Perché se il futuro è diventato un amalgama di colori contrastanti, lei punta al distacco come arma di difesa, per lei indispensabile per ritrovare l’equilibrio.
Poi arriva il momento inaspettato, forse nel luogo meno adatto ed in compagnia delle persone più impensabili, in cui Luce riesce a buttare fuori il suo dolore, rivendica la sua scelta ad alta voce e da lì, lentamente, incastrata in uno spazio neutro senza più colori, in cerca di una via d’uscita, sente che si possono riaprire timidi spiragli e vi si aggrappa. Trovando appigli. Trovando l’amore che non era mai andato via.
Non penso che il nome della protagonista sia stato scelto a caso. È un libro che ha il pregio di far riflettere su una tematica scottante e dolorosa che vede protagoniste madri che non potranno mai abbracciare la creatura che tanto avevano desiderato, madri di cui si preferisce non parlare, non sapere. Si parla poco di aborti terapeutici, delle malattie genetiche e delle esperienze altrui in questo campo, o forse si presta solo mezzo orecchio perché la sofferenza degli altri la si schiva per non esserne contagiati. Vi è il terrore, credo, che una cosa del genere possa accadere a noi smorzando la voglia e il dovere di sapere.
Un contenuto di difficile digestione, blocca il respiro e annienta l’appetito. Per affrontare la lettura di questo libro, che non è autobiografico, bisogna armarsi di apertura mentale e capacità di ascolto.
Capisco che un tema tanto delicato, esposto benissimo con una penna sapiente, possa creare due fazioni contrapposte pronte alla guerra pur di rivendicare i propri diritti. Io non mi sono schierata da nessuna parte, ho letto con interesse ed angoscia una probabile storia, ho riflettuto e provato ad immedesimarmi nella protagonista, ho valutato i pro e i contro, ma non sono giunta ad una conclusione definitiva. Mi è solo venuto il bisogno e la voglia di abbracciare mentalmente tutte le famiglie che soffrono e che ruotano intorno a questo tipo di scelta.
È un libro meraviglioso, struggente, intenso, intimo, intriso di dolore e nello stesso tempo pieno della luce della rinascita.
“Mio figlio non ha mai incontrato il mio viso, e se fosse nato, forse, non mi avrebbe neanche riconosciuta. La mia carezza è stata un ago che gli ha tolto il respiro, e il mio latte usciva al richiamo di pianti sconosciuti per andare sprecato in un reggiseno che non ho mai più indossato. Ma è da me che è partito, e dentro di me si è fermato. È dalle madri che partiamo, ed è alle madri che sempre torniamo, una volta concluso il viaggio”.