Nei giorni di maggio
Articolo di Martino Ciano
Momento: ascoltando Duke dei Genesis
Nei giorni di maggio, quando ricordi la morte di tuo padre, ti domandi sempre cosa sia accaduto in te, ché eri freddo quella notte, peggio del cadavere che hai dovuto raccogliere dal pavimento, come se l’anima si fosse dovuta ibernare. Né pianto né stridore di denti. Hai proferito solo un perché?
Nei giorni di maggio, quando ricordi la morte di tuo padre, sospiri mentre il sole tramonta, ché anche anni fa il sole tramontò e il cielo rosso ti riempiva di speranza il cuore. Ricordi come era bello sognare, poi sognare è diventato un castigo, perché ha coinciso con le rinunce, e allora a che serve sognare ciò cui si deve rinunciare. Sarà per questo motivo che a ogni speranza si affaccia una lacrima?
Nei giorni di maggio, quando ricordi la morte di tuo padre, porti la mano destra sulla spalla sinistra, l’accarezzi dolcemente. Ti abbracci, ché ogni abbraccio che qualcuno ti vorrebbe dare non saprebbe di niente e capisci che il dolore è un amico magnanimo ed egoista, ti consegna tutto il tuo passato e ti dice ecco, ora mangia e bevi, ingozzati fino a vomitare.
Nei giorni di maggio, quando ricordi la morte di tuo padre, ti viene voglia di farlo resuscitare solo per ammazzarlo con le tue mani, almeno ti daresti una ragione, qualcun altro ti darebbe una condanna e ti sbatterebbe in galera. Un patricidio si giustifica, una morte improvvisa è una perdita di senso che non puoi ammettere.
Nei giorni di maggio, quando ricordi la morte di tuo padre, comprendi che ogni giorno è diverso dall’altro, anche quando ti sembrano uguali. Hai quasi timore di questa cosa, perché ti fa ragionare sul costante mutamento. E perché mutare? Perché non si nasce e si muore semplicemente come se ci si svegliasse al mattino e ci si addormentasse la sera? E perché in mezzo ci stanno la banalità, la serietà, il pianto, la gioia e tutte quelle cose che ci fanno vanitosi, che ci danno variabilità?
Nei giorni di maggio, quando ricordi la morte di tuo padre, ti rendi conto di essere un uomo malinconico, sospinto da un vento gelido che ti trascina via, che non vuole resistere al richiamo del tormento, che se ne fotte di far pace con sé stesso, che adora ogni tremore, che preferisce annebbiarsi piuttosto che destarsi.
Nei giorni di maggio, quando ricordi la morte di tuo padre, sai sempre che un confuso dialogo tra te e l’inconscio diventa come certi dibattiti accusatori che si svolgono nelle aule di tribunale. A volte pensi che vale la pena porre fine a tante cose, perfino alle radici del tuo pensiero, poi però ricordi che tanti anni sono passati da quel maggio 2010 e per altrettanti anni ce l’hai fatta a resistere a ogni tentazione di annientamento. Ce la farai anche questa volta? Credo di sì, sono ottimista.
Nei giorni di maggio, quando ricordi la morte di tuo padre, ti viene voglia di scrivere di te, come se mettersi a nudo servisse a qualcosa. Ma che cazzo dici! Serve a poco, è solo un modo per farsi ammazzare meglio dagli altri. Aspetta però, forse a te piace farti ammazzare, azzannare, graffiare e molestare.
Nei giorni di maggio, quando ricordi il prima e il dopo, tante cose si fanno beffa di te. Una in particolare. Giusto? Ma è meglio non scrivere di Lei. Lei è indicibile, anzi è l’indicibile… qualcosa devi pur tenere per te. Non è vero?