Marilù Oliva. L’Eneide di Didone. Solferino
Recensione di Martino Ciano già pubblicata per L’Ottavo
Come scrisse Calvino, un classico è un libro che non ha mai smesso di dire quel che ha da dire. La sua forza sta nel fatto che quanto racconta è universalmente riconosciuto come qualcosa di irrisolto e, allo stesso tempo, di affascinante che alberga nell’intimità dell’essere umano. In ogni momento la sua lezione ci appare attuale, aderente alle epoche. Ma una domanda sorge spontanea: questo è possibile perché dopotutto i dubbi dell’uomo sono sempre gli stessi, così come le sue azioni:
L’Eneide che ci propone Marilù Oliva è un’opera coraggiosa, in cui l’arte dell’interpretazione entra in scena, grazie anche a un sapiente uso della tecnica narrativa che rende tutto coinvolgente.
Oliva riprende l’intensa storia d’amore tra Enea e Didone, ma ne trasforma il finale. Se Lei non si fosse uccisa per amore? Non c’è più quella tragicità che rende l’opportunità concessa dall’amore come una sfida gettata al fato, contro cui nessuno si può scagliare, ma come una concreta rilettura, anche in chiave scettica, verso l’influenza della divinità sull’agire dell’umanità.
È sempre una storia raccontata da donne quella che ci ripropone la scrittrice bolognese, in cui compaiono anche le dee Venere e Giunone, eterne rivali ma pronte ad allearsi pur di portare a termine un disegno superiore. E l’amore tra Enea e la regina fenicia è sempre il motore della vicenda?
In questa rilettura sta anche il tentativo di innescare un processo di emancipazione dei personaggi mitologici che Oliva pone sulla scena, e ciò non avviene assolutamente in maniera forzata, ma naturale. Forse perché quello spirito era già stato impresso dalla mano di Virgilio? Ogni epoca ha la sua interpretazione della storia d’amore tra Enea e Didone, tant’è che questo “episodio” ha offuscato il resto dell’opera, e già ciò dimostra che un classico è prima di tutto parte di un patrimonio atemporale che ogni popolo cerca di fare proprio. In tal senso, l’interpretazione è soprattutto una riscoperta dell’essenza dell’opera.
La stessa operazione Marilù Oliva l’aveva già fatta con il suo precedente L’Odissea raccontata da Penelope, Circe, Calipso e le altre. Questa volta sarà Didone a raccontare la sua storia, non perché ce ne sia bisogno, ma perché con ciò potremo anche scoprire quel dicibile che fa da ponte tra Parola e Idea