Margaret Mazzantini. Una vita votata all’arte
Articolo di Letizia Falzone
Donna sanguigna, uterina, fascinosa, che non ha pudore delle sue contraddizioni. E il suo pubblico la ascolta attento, rapito. Bella, elegante e riservata, mai sotto i riflettori più del necessario. È una delle voci più significative della letteratura italiana contemporanea, capace di suscitare emozioni contrastanti, riflessioni su temi particolarmente forti, che ci lasciano folgorati, attraverso uno stile diretto ed esplicito. Moglie di un attore quotatissimo, alcuni dei suoi libri sono diventati film di successo, ma lei continua a condurre una vita “normale”, tra lavoro e famiglia. È tutto fuorché un personaggio da gossip: la normalità possiamo dire che sia una delle principali caratteristiche con cui si presenta al pubblico.
Margaret Mazzantini nasce a Dublino il 27 Ottobre del 1961 ed è figlia dello scrittore Carlo e di una pittrice irlandese. L’arte insomma, è da generazioni nel dna di famiglia.
Si laurea all’Accademia D’Arte Drammatica nel 1982 e inizia a percorrere la strada del teatro tentando di reprimere la vocazione letteraria, poiché, vedendo il padre soffrire del proprio lavoro di scrittore, non avrebbe mai voluto iniziare la stessa vita. Ma tra teatro, cinema e letteratura i confini sono molto labili e l’autrice si trova al centro di forme d’arte in cui esprimere se stessa e le storie che ha da raccontare. Esordisce in teatro con l’”Ifigenia in Aulide” di Goethe, ma è anche autrice di un monologo teatrale scritto nel 2005 “Zorro. Un eremita sul marciapiede”.
Sposa nel 1987 l’attore e regista Sergio Castellitto, uno dei nostri migliori attori di cinema e tv, con il quale forma una delle coppie più solide dello spettacolo e dell’arte. Instaurano un connubio artistico fortunato che li fa sembrare quasi un’impresa familistica. Lei scrive libri, raccoglie consenso popolare e non, riconoscimenti e premi; lui, dirige le sue sceneggiature realizzando film che raccolgono finanziamenti e premi. Tra questi: “Non ti Muovere, Venuto al mondo, Nessuno si salva da solo, Fortunata”. Dal matrimonio sono nati 4 figli: Pietro, Maria, Anna e Cesare.
L’attore e regista l’ha definita “l’amore della sua vita”. “Quando io parlo di Margaret rischio sempre l’emozione, forse retorica… è molto semplice: ci amiamo, che non ci impedisce di litigare, discutere e fare altro. Litighiamo soprattutto per i figli, ma l’amore è un mestiere che non puoi fare part time, devi accettare conflitti, disapprovazioni, tante cose. Consegnare e chiedere, consegnare e chiedere. Noi abbiamo avuto la fortuna di avere due individualità che si sono risolte grazie al proprio talento in modo individuale. Abbiamo anche due caratteri molto diversi ma abbiamo un punto di vita in comune e questo ci ha consentito di essere insieme felici”. La famiglia vive a Roma, nel bellissimo quartiere di Villa Ada.
Le storie della Mazzantini sono un pugno allo stomaco, lo stile è ridondante, incisivo, emozionante, visivo. I suoi personaggi non sono mai persone perfette. Sono piuttosto degli “antieroi ammaccati”, come li definisce lei stessa. Sono le storie della gente comune, con la quale la scrittrice afferma di parlare molto, ovunque, per strada, al supermercato, nella vita di tutti i giorni. Si ispira alla realtà, a sentimenti vissuti e reali, con l’intento di regalare ad ogni lettore la propria storia. Il mondo raccontato dalla Mazzantini è fatto di sentimenti fortissimi, intensi e, per questo, molto dolorosi, ma che ci fanno apprezzare il valore di godere pienamente dell’esistenza senza lasciarsi vivere o abbandonarsi all’avvicendarsi dei giorni.
È possibile definire i protagonisti dei suoi romanzi come degli esclusi dal mondo circostante, a volte degli emarginati. Emblematica la storia narrata in “Nessuno si salva da solo”. Le infanzie difficili dei protagonisti li accomunano e fanno nascere una storia d’amore anche grazie alla condivisione di un dolore a volte represso ma che resta come una cicatrice sulla pelle. Lo stesso vale per Italia, protagonista di “Non ti muovere”, reduce di un’esistenza vissuta ai margini, in povertà e stenti, ma finalmente amata. Gli eventi narrati provocano dolore, disperazione ed empatia verso i personaggi descritti. Un amore che nasce in modo distorto e paradossale, diventa viscerale, cresce, si ostina a esistere in un momento sbagliato, tenta di trovare un modo – qualsiasi modo – per affermarsi e vincere, oltre gli schemi e le regole imposte. Fino alla resa. Ci lascia così, inermi, di fronte a forze inaffrontabili. Il presente diventa passato, ricordo segreto, tenuto dentro e racchiuso, protetto, come il tesoro più prezioso: l’aver vissuto momenti felici, pieni di vita.
“Venuto al mondo”, ad esempio, è un colpo all’anima: ci troviamo a Sarajevo, allo scoppio della guerra, una città dilaniata, mentre il paesaggio rispecchia la condizione dei personaggi. Il mondo raccontato dalla Mazzantini è fatto di sentimenti fortissimi, intensi e, per questo, molto dolorosi, ma che ci fanno apprezzare il valore di godere pienamente dell’esistenza senza lasciarsi vivere o abbandonarsi all’avvicendarsi dei giorni.
La Mazzantini è la scrittrice italiana più premiata in assoluto, ha vinto tutto: il Campiello, Lo Strega, il Rapallo-Carige, Il Premio Grinzane Cavour, il Premio Flaviano e il Cesare Pavese. Nel 2003 su iniziativa dell’allora presidente della Repubblica viene insignita del titolo di Cavaliere Ordine al merito Della Repubblica Italiana. Da qui in poi, con la dovuta differenza di genere, anche lei come Berlusconi è chiamata la Cavaliera.
Il 18 giugno, alle ore 20, al Cinemacity di Lignano Sabbiadoro, riceverà il premio Hemingway per la letteratura “per aver scritto, forte di un personalissimo talento, romanzi che provocano nei lettori sentimenti cristallini di empatia conoscitiva verso i suoi indimenticabili personaggi, spesso caratterizzati da esistenze vissute ai margini, e verso i loro amori che vogliono affermarsi e vincere oltre gli schemi e le regole imposte. – si legge nella motivazione – Dotata di una straordinaria sensibilità, Mazzantini, grazie anche alla sua perizia di sceneggiatrice, riesce nell’impresa di fare l’autobiografia sentimentale di una generazione, trasformando l’esperienza dei singoli personaggi in patrimonio comune, o, come si dice della grande letteratura, trasformando il particolare in universale”.