Maledetti toscani. Curzio Malaparte e la “seriosa-scanzonata toscanità”

Maledetti toscani. Curzio Malaparte e la “seriosa-scanzonata toscanità”

Recensione e foto di Marco Ponzi

Dopo i fatti accaduti in Toscana – mi riferisco alle alluvioni di novembre 2023 – mi sembrava un po’ improprio recensire questo libro, visto il titolo, ma poi ho pensato al toscano come individuo con le sue caratteristiche particolari e ho ritenuto non sbagliato parlarne.

Maledetti toscani è un libro di Curzio Malaparte e se l’autore, toscano, ebbe a definire così i suoi corregionali in tempi non sospetti, adesso mi sento sollevato, nonostante le contingenze tragiche. Mia moglie è toscana; di Prato, per la precisione, come Malaparte (Malaparte è un nome d’arte).

Capire le donne, si sa, non è possibile per un uomo e, anche se non ne avevo tutto questo bisogno, mi è piaciuto approfondire il concetto di toscanità, a dire il vero, poco conosciuto ai più. Perché i toscani, e l’ho riscontrato personalmente, condividono il loro mondo preferibilmente con i loro corregionali e amano distinguersi dal resto d’Italia. Sarà che si vantano di avere tutto: il mare, i monti, l’arte, il buon cibo e forse anche Curzio Malaparte, per non parlare di Dante.

Se si parla, per esempio, di napoletanità, si è in grado di identificare i soggetti; lo stesso per la sicilianità o la piemontesità. Anche per la romagnolità o la ligurità è facile. Ma della toscanità, in effetti, non si ha un’idea precisa. E allora ce lo spiega Malaparte.

Un mio amico dice che il toscano deve essere simpatico, perché lo stereotipo cinematografico ci porta a crederlo, ma non è sempre proprio così. O meglio, non lo è in letteratura. Malaparte addebita la toscanità al fatto che i toscani non sono mai stati veramente dominati e, da tutto ciò, deriva la peculiarità di un popolo. Il toscano è rimasto tale senza assorbire le influenze straniere e si fa sberleffi dell’invasore.

Il toscano è gentile ma con varie sfumature… il toscano conosce il senso della misura e queste sue caratteristiche lo mettono in contrapposizione alla gran parte del popolo italiano, a parte gli umbri.

Malaparte parla di tutti i popoli toscani e lo fa un po’ come se fosse stato un José Saramago che, nel suo Viaggio in Portogallo, che non era una guida turistica ma una guida all’interno del proprio sé, descrive le anime dei luoghi e delle persone.

Questo è stato l’ultimo libro di Malaparte, pubblicato nel 1956 e nato dopo una lunga gestazione. L’autore, sepolto a Prato sul monte Spazzavento, giusto per ribadire un’appartenenza, si è divertito a raccontare della sua terra personalizzando i paesaggi e paesizzando le persone. Egli rende, di persone e luoghi, delle interpretazioni che vanno un po’ oltre e lo fa dall’interno, da toscano che conosce i suoi corregionali e, come tutti, cercando di mantenere un contegno; anche se, a volte, lascia pendere il campanile da una parte a discapito dell’altra.

Il testo ha un tono quasi serio e quasi scanzonato, il confine è labile. Si percepiscono delle sottili preferenze per le varie città, si notano dei lievi sarcasmi per altre e una accettazione e rispetto delle diverse originalità del territorio. Malaparte, a ben vedere, oltre a raccontare la toscanità nella storia, fa un servizio anche al lettore che, in un certo modo, sa cosa aspettarsi.

“Maggior fortuna sarebbe se in Italia ci fossero più toscani e meno italiani”

Basterebbe questa salace e un po’ allusiva riga in epigrafe per scrivere un commento sul testo, per capire il punto di vista dell’autore ma, detto così, non ci sarebbe stato motivo per scriverci un libro intorno.

Malaparte invece porta esempi reali di gentilezza e misura toscane, ricordandoci i talenti di Michelangelo, Boccaccio, Donatello e tanti altri, pure quelli che non sono stati esempi di virtù ma che, come si diceva, sono stati capaci di distinguersi, nel bene e nel male.

Il testo ha una sua eleganza, perfino nelle descrizioni in cui l’eleganza mancherebbe o quando si parla di ammazzamenti che diventano gentili e poetici, se raccontati in un certo modo; ed è questo uno dei talenti dell’autore, dell’immaginifico Malaparte: raccontare di qualcuno o di qualcosa affascinando un lettore che probabilmente non avrebbe alcun interesse in un dato argomento.

Maledetti toscani, per quanto mi riguarda, è un testo ancora attuale: ci ho ritrovato molta verità perché sono un frequentatore della Toscana e ho esperienze dirette; dunque non sono in grado di smentire le tesi dell’autore.

A un lettore che volesse essere curioso, consiglio di usare questo testo come guida turistica e provare a cercare riscontri nella realtà, senza essere troppo invadente, ché i toscani poi te la fanno pagare.

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