L’estate breve. Enrico Macioci e la fragile adolescenza

L’estate breve. Enrico Macioci e la fragile adolescenza

Recensione di Martino Ciano. In copertina: “L’estate breve” di Enrico Macioci, TerraRossa edizioni, 2024

È un’adolescenza irrisolta quella del protagonista del romanzo di Enrico Macioci. Troppe le domande lasciate in sospeso, troppi i dubbi che hanno minato il prosieguo della vita. Fin quando lui non decide di tornare tra i luoghi del quartiere in cui aveva vissuto…

La giovinezza esclude la morte da sé e, pertanto, rende l’incedere del tempo qualcosa di cui non ci si preoccupa. Nessuna scadenza da rispettare, ogni giorno è un incontro con la nuda vita; ogni momento è buono per fare esperienza del mondo. Alla fine degli anni Ottanta la vita aveva ritmi diversi, ma le pulsioni erano le stesse di oggi. Il ragazzo ora diventato adulto mette in fila i ricordi, senza fare distinzione tra ciò che è importante o ciò che non lo è.

Certamente l’arrivo di Michele, un giovane che eccelle in tutto, anche se non vuole, è l’inizio di una profonda crisi. Il protagonista lo teme, ma allo stesso momento lo adula. In poco tempo, Michele distrugge la cosa più importante per il nostro adolescente: la passione per il calcio. È bravo e lo dimostra subito, con ogni mezzo. Di qui inizia l’umiliazione costante che il narratore di questa storia pratica su se stesso. A ciò si uniscono le delusioni di amore, le ambizioni tradite, anche la morte di un suo amico.

Cos’è quindi l’adolescenza? Un’illusione che prepara alla vita; la rivelazione in pillole di una raffinata crudeltà che il tempo disvela. Tutto è lì, in quell’età di passaggio che traveste di immortalità e onnipotenza i nostri sogni. Virili e pronti all’azione, insuperabili e apparentemente convinti delle nostre capacità, anche quando ci sentiamo impreparati, insicuri, scacciati da ogni ruolo che vogliamo assumere. L’adolescenza, anche quando si mostra terribile, non ci pone mai il quesito della fine, della morte, della seriosità. Persino, l’errore più grave sembra rimediabile, facilmente estinguibile; nulla impedisce di ricominciare il gioco e di essere più fortunati.

Lo dice bene Macioci in questo romanzo che racconta tutto con la giusta crudeltà, perché bambini e adolescenti sono istintivi e non conoscono la mediazione; loro è il timore e la paura, ma non l’ipocrita pacatezza o la ragionevolezza che insozza di quieto vivere le giornate solo per premeditare meglio la vendetta.

Quando agli inizi degli anni Novanta il protagonista va via dal quartiere, tanto la malinconia quanto un senso di salvezza si fanno spazio in lui, ma l’ombra di Michele lo perseguita, così come quei dubbi irrisolti che hanno minato il suo cammino e la sua formazione da adulto. Tant’è che torna in quei luoghi per fare di nuovo a cazzotti con il passato, forse per dirsi che la vita non è una nostra idea ma ciò che ne facciamo.

L’estate breve è quindi un romanzo che ripulisce l’illusione dalla sua parte ingannevole, in favore di quella sola necessità, insita in ogni essere umano, di sognare, di immaginarsi, di proteggersi dalla morte appena essa si fa conoscere come compagna fedele della vita.

Il libro di Macioci scorre non solo perché di facile lettura, ma perché ci appartiene, perché ognuno di noi ha vissuto quegli stati di grazia e di fallimento che ci hanno reso più o meno adulti. Questo quindi è un romanzo-chiave su uno degli appuntamenti più importanti della nostra vita: l’adolescenza con tutta la sua tragica felicità.

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