L’unico possibile
Racconto di Wanda Lamonica
Era il mio primo amore. Per me, l’unico possibile, quello eterno, non ce ne sarebbero stati altri. Ci avrei messo la mano sul fuoco, oltre al cuore, che bruciava già. A 16 anni credi così. Credi che non potrà esserci altro. Che una cascata di riccioli biondi e due occhi verdi non verranno mai sostituiti da quelli di nessun altro. Ma quando poi, inevitabilmente, la magia finisce, il mondo cessa quasi di esistere. Perché lui scompare. Proprio lui, che era il tuo mondo.
“Rimaniamo amici”, mi disse sorridendo Flavio. Ricordo perfettamente il percorso di quelle sue due parole. Dapprima mi rimasero appese in gola per qualche secondo, poi mi rimbalzarono ovunque, nel petto, come le sfere d’acciaio di un flipper impazzito, andando ad urtare certezze e consapevolezze nuove di zecca che pensavo non si sarebbero sgretolate mai. Pensai a come le sue labbra, le stesse che avevo baciato con tanta passione, potessero, a comando, tornare ad essere normali labbra con cui amichevolmente comunicare, ignorandone il potere prepotente del brivido e delle vertigini sui miei sensi. Pensai a dove fosse finito l’amore di Flavio per me e cominciai a chiedermi in cosa avrei potuto rimediare per farmi amare ancora. Perché mortificarmi mi è sempre riuscito bene. L’autostima, con l’età, non è mai cresciuta granché.
“Perché?”, gli chiesi, provando ad avvicinarmi, provando a rianimargli i sentimenti confidando nell’originaria alchimia fra noi.
“Semplicemente, succede “, mi rispose sconsolato, alzando le braccia.
Il flipper, questa volta, mi si attivò nello stomaco, azionando conati di vomito difficili da trattenere. Forse un paio di sfere andarono persino a tapparmi qualche valvola dell’apparato digerente. Perché poi non mangiai per intere settimane . Quel “semplicemente, succede”, e questo lo scoprii solo dopo, si chiamava Doriana. Fu allora che capii che, una volta usciti, in un cuore, a forza, non ci rientri più. Che persino gli occhi di chi ti ha tanto amato possono perdere il loro velo fatato e vederti , all’improvviso, come quelli di tutti gli altri. Che di un addio, a 16 anni come a 50, non si ha mai abbastanza cura come di un inizio, che invece accende tutto e prospetta meraviglie. E io, principessa, rosa d’inverno, aurora boreale, stella luminosa, tornavo di colpo ad essere semplicemente Sara, la più rospa di quattro sorelle. L’unica bimba appiccicata alla gonna della maestra.
Tornavo ad essere Sara della III B di un qualunque Liceo Scientifico di provincia, la nana con le tette piccole e i capelli mosci. Tornavo ad essere Sara con l’apparecchio ai denti che faceva di ogni parola con la esse un sussurro aspro. Il neo sulla guancia che per Flavio era una goccia di cioccolato, adesso mi sembrava solo uno sputo nero sulla guancia. A 16 anni credi così. Che tu sia speciale ed insostituibile e che una promessa sia sacra. Che nessuno potrà mai dimenticarti e che basterà riprovarci un po’ per ritrovare quell’amore prodigioso che per qualche stupido motivo si sarà distratto e perso.
Ho rivisto Flavio la scorsa estate. L’avrei riconosciuto tra mille, lo riconoscerei tra cento anni ancora. Ordinava una birra al bar del mio stesso lido, io cercavo mia figlia per poter andare finalmente a casa. ” Silvia?” La sua voce. Un coro di stelle. Che bello, mi dico, mi ha riconosciuta. Mi abbasso la maglietta per coprirmi il sedere. “Flavio, ciao….da quanto tempo”. Mi guarda e sorride. E io, con quel sorriso, faccio subito pace col mondo, come tanto tempo fa. “Sei sempre bellissima”, mi dice emozionato. Poi indica la barista ,sollevando una mano. “Prendi qualcosa?” E sul polso noto qualcosa che mi è familiare. Un ciondolo d’oro a forma di nodo, il mio regalo per i suoi 18 anni. A 16 anni credi che alcune persone ti rimarranno dentro per sempre. Incancellabili. Indissolubili come alcuni nodi. E a volte accade.